“IL DOGE LEONARDO LOREDAN DAVANTI ALLA VERGINE,,, DI PIETRO LOMBARDO, NELLA STANZA DEGLI SCARLATTI. « È macilento di carne e tutto spirito » scriveva il Sa-nudo del Loredan eletto Doge nel 1501. Pietro Lombardo ce lo rende qui macilento più ancora che Oiambellino nel ritratto di Londra, divenuto per lo spirito e la paterna bontà che vi prevalgono il ritratto tipico del Serenissimo. Per quanto gli Inquisitori, nominati a giudicare del dogado di Agostino Barbarigo (1486-1501) ne avessero lacerata la memoria e perseguitati gli eredi, incolpandolo di imperiosità e di grandigia quasi regale, pure, succedendogli, Leonardo Loredan, almeno prima dei disastri cagionati dalla Lega di Cambrai (1509), si mostrò, più ancora forse, bramoso d’essere glorificato ed eternato in opere d’arte. Eludendo i divieti di mettere armi, o altri ricordi del Doge fuori di Palazzo, egli osò fare scoprire il 19 agosto 1505 il pilo di mezzo degli stendardi in Piazza che porta sulle medaglie, allora dorate, quella sua testa veramente di grande carattere regale. Quando egli morì qualche fiero repubblicano giunse persino a pretendere che quelle mirabili opere del Leopardi, gemme davanti a San Marco, fossero distrutte; e se a tanto non si arrivò, si ottennero però contro di lui e ancora a danno dei suoi eredi, deplorazioni e gravissime multe. Dentro il Palazzo, il Loredan fu probabilmente il primo che ponesse in Senato il suo grande quadro votivo per l’elezione, facendolo dipingere, prima che Qiorgione prendesse il sopravvento, dal vecchio Oiambellino. Questo nostro altorilievo potrebbe esserne la riproduzione in marmo. Infatti, tutto su di un piano, senza prominenze, con un lavoro finissimo di sottosquadra e un punteggiare insistente che descrive e ombreggia, pare una pittura scolpita. Se non è tutto di mano di Pietro Lombardo è pur tutto vivo e fine, e in origine era lumeggiato d'oro e di colori.