" VENEZIA ONORATA DALLA GIUSTIZIA E DALLA PACE,,, DI PAOLO VERONESE, NEL SOFFITTO DEL COLLEGIO. Come allodola che sale nei cieli, ebbra di volo e di canto, l’arte di Paolo spazia in vastità luminose infinite. Al libero cielo è data anche qui gran parte del quadro, a un cielo splendido, freddo, visto in un meriggio di ottobre, alto, quasi sovra la colonna di Piazzetta dominata dal leone. A quell’altezza pare che la Giustizia tremi con la grande spada alzata, ma come un giglio d’amore, e par che cerchi ricovero verso la Pace, protetta dalla curva del mondo. Ivi pure la grande luce piove diffusa e sbatte e svaria i colori che sono preziosi e gioiosi di carne, di bianco, di verde, di rosa con giallo: colori di Paolo. Spesso il Veronese si diletta, come qui nella « Pace» e più sotto nella « Fede», di mostrarci di schiena un corpo di donna nella sua flessibile armonia, per farci desiderare che si volti e si mostri tutta bella. Il manto di velluto rosso e di ermellino, la veste di broccato bianco e oro' e, in alto, la serica tenda cremisina, fanno sopra l’arco del mappamondo un contorno di preziosa morbidità alla testa divina di Venezia, ma difficile, nella forza dei colori, da intonare con la delicatezza di un volto. Solo Paolo poteva giungere al miracolo, che supera ogni altro in pittura, di quella testa che, dalla morbida gola all’oro e alle gemme dei capelli, è come un globo trasparente, roseo, volante, dipinto col fiato, senz’ombra: luce nella luce. Le altre due grandi tele del soffitto, quella centrale col Sacrificio dell’antica legge, ove sono grandi figure di ebrei di scorcio tra bianche architetture, e quella con Marte, saldo come il campanile, e Nettuno irsuto, steso flessuoso come le sue navi, pèrdono molto di pregio a confronto della prima. Sono decorazioni nobilissime che Paolo non condusse a termine, o non curò con tanta passione. Non si ripetono i miracoli.