" BACCO E ARIANNA „ E LE ALTRE MITOLOGIE DI JACOPO TINTORETTO NELL’A NTICOLLEGIO. Jacopo non fu mai più geniale che in queste sue quattro allegorie mitologiche. Stese in profondità le nude membra, Venere vola dal mare, passando come carezza sulla testa del bellissimo dio vendemmiatore e aiuta, sollevandole la mano verso il pegno d’amore, Arianna o Venezia, che già dormiva sulle porpore di un letto divino. L’ambra delle carni sprofonda nell’azzurro del mare e del cielo, vivi entrambi di vento. L’idea michelangiolesca è qui fatta pittura. Sempre nel regno dell’arte, lungi dai ricordi classici, le Grazie svolgono una ritmica armonia di traversali ondulazioni nell’equilibrio dei pesi e dei voli. Una, vestita di vento, dolce come una santa, solleva le sorelle; ma quella di contro è rattenuta dal peso a terra - possente nudo tizianesco, radioso di colore sulle vesti - mentre, stretta in mezzo, freme la terza tutta musica e danze. 11 Tintoretto nella supplica del 1577 per il pagamento -fissato poi da Paolo Veronese e dal Palma, chiamati come periti, in duecento ducati - afferma che i quattro soggetti gli erano stati prescritti dai Signori del Consiglio dei Dieci. Tuttavia possiamo credere che, come di solito, l’iniziativa fosse sua; infatti egli spiega di avervi voluto significare « unione », e, per significare più forze unite in un solo lavoro, vi riuscì bene nella « Fucina di Vulcano ». Certo, ad ogni modo, egli, come il Giambellino, non tollerò « molto segnati termini al suo stile, per vagare a sua voglia nelle pitture». Sentiamo infatti proprio una gioconda ingenuità, un po’ materiale ma cara, di pittore che inventa, nella quarta tela deliziosa di frutta e di carni, dove, nel triplice profondo sfuggir dei piani, Minerva allontana l’importunissimo Marte, voglioso di sorprendere la Pace che aiuta donnescamente la Concordia a spremere nel limpido vetro il latte soverchio dal seno. Giovano qui ben più gli occhi che le parole.