IL “ TRIONFO PER LA VITTORIA DI CHIOOOIA DEL VERONESE, NEL GRAN CONSIGLIO. Si era voluto, colla nuova scelta dei soggetti storici, per le pitture sulle pareti della grande sala del Consiglio, esaltare il potere del Doge. Si era posto perciò di contro alla leggenda guelfa di papa Alessandro 111, la storia, ben altrimenti vera, della conquista orientale di Enrico Dandolo (1200-1206), ottenendo così che in fondo al salone, riinpetto al trono dogale, da una parte si avesse Roma col doge Ziani, che dopo aver raccolti tanti privilegi e doni per la vittoria ed aver rimesso il Papa nel suo seggio, ne è ribenedetto in Laterano; dall’altra, Costantinopoli, dove il Dandolo incorona in Santa Sofia Baldovino, imperatore d’Oriente. In mezzo ai trionfi di Roma e di Bisanzio sta quello su Genova, debellata dopo l’epica lotta tremenda, da un altro doge: Andrea Contarmi che subito (1380), qui in fondo alla sala, era stato onorato con lo stemma e l’epigrafe e che qui, come vediamo nella nostra illustrazione, ritorna vittorioso da Chioggia coi prigionieri. Peccato che nel racconto della gloriosa impresa del Dandolo nessuna delle pitture seicentesche sia degna di ammirazione; nè i Crociati in San Marco, nè l’assedio e la resa di Zara, nè la ripetuta conquista di Bisanzio, dove soltanto la veduta delle mura turrite e qualche arnese di guerra meritano di esser notati. Invece questa tela, che se anche non finita da Paolo pur ride un poco della sua giocondità, ci dà sincero il giubilo del trionfo allo sbarco del Doge, fiancheggiato dallo Zeno e dal Pisani, fra l'acclamare del Senato e del popolo e il salmodiar del clero nei suoi parati e con le croci d’argento. Tra la folla - primo dei plebei, come primo dei cittadini, era il Cancellier grande, e primo fra i Nobili il Doge - troviamo, celebrato nella figura vestita di rosso, il Capitano di giustizia Marco Dolce, « che ancor dipinto », si scriveva, « arreca terrore agli scellerati ».