97 sola Jugoslavia sarebbe sceso a 41. Nelle nostre importazioni dal vicino Regno, si riscontra una diminuzione da 100 a 38; mentre nelle esportazioni si nota una con-trazione da 100 nel ’28 a 46 nel ’34. Per quanto concerne la nostra bilancia commerciale con la Jugoslavia, il Barome-tro Economico Italiano registra un sensibile miglioramento per noi fra il 1928 ed oggi; infatti, nel ’28, le esportazioni italiane verso il Regno S. C. S. erano inferiori del 41 % alle esportazioni jugoslave in Italia, mentre oggi questo squilibrio, a noi dannoso, si è ridotto al 30 %. In tal modo il nostro deficit commerciale col vicino Regno è diminuito dal 32 al 30 °/0. Probabilmente il miglioramento verifica-tosi a partire dal 1932 è dovuto agli accordi presi col Presidente dell’istituto Nazionale per l’Esportazione dal dott. Jurai To-micic, Direttore dell’istituto per il Commercio estero della Jugoslavia. In vero, dopo tali abboccamenti, avvenuti a Roma nel Febbraio del ’31, si è verificato un riavvicinamento economico fra i due Stati: infatti il Museo Commerciale dell’istituto jugoslavo ha preparata la rappresentanza dei progressi economici jugoslavi alla Fiera Campionaria di Milano, a partire dal 1931 ; inoltre, per la prima volta, la Jugoslavia si è presentata ufficialmente alla Fiera del Levante del 1932, nell’intznto di far apprezzare maggiormente ai mercati italiani e orientali i suoi prodotti principali. Negli ambienti commerciali si è sperato molto negli effetti dell « Accordo addizionale » e nel « Protocollo sul Comitato economico permanente », conclusi il 25 Aprile 1932 ed entrati in vigore il i° Giu- gno successivo, inerenti il Trattato di Commercio del 14 Luglio 1924. Ora, dato quanto siam venuti dicendo, se si tiene presente che noi potremmo in gran parte e facilmente effettuare altrove il rifornimento delle merci che acquistiamo in Jugoslavia, mentre questo non saprebbe dove trovare utilmente altri sbocchi, ben si comprende come i Serbo-Croati-Sloveni diano prova di assoluta incoscienza, quando tentano di inasprire i rapporti col nostro Paese. Essi lottano non solo contro la loro convenienza politico-sociale, avversando i nostri principi di collaborazione e di disciplina, ma minacciano la loro stessa economia nazionale. Quindi dobbiamo augurarci, o che i rapporti economici fra i due Stati si pongano di nuove su vie naturali e amichevoli una volta eliminata la depressione economico-finanziaria che inasprisce anche gli animi dei responsabili della politica di Belgrado, o che si verifichi quanto prima un completo riassetto politico nei Balcani, in modo che l’elemento che è più adatto ad assorbire la civiltà d’Occidente sostituisca l’elemento che ha dimostrato di non sapere ancora sceverare i reali interessi economici e spirituali dei popoli soggetti. 2. Dopo aver veduto quali siano, e comi si siano andati svolgendo, i rapporti eco-nomico-commerciali fra l’Italia e la Jugoslavia, ci sembra opportuno considerare i vari punti della politica economica seguita da Belgrado nei riguardi del traffico marittimo adriatico, riserbandoci di vedere poi come tale programma influisca sull’economia italiana, particolarmente sugli empori dell’Alto Adriatico.