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  Tali indici si possono tenere rappresentativi delPandamento generale dei noli sulle nostre rotte, notando poi che gli indici relativi ai porti adriatici (Venezia) per le provenienze dal Canale di Bristol sono in media inferiori del 2 % rispetto all’indice medio complessivo riportato, con lieve tendenza ad aumentare tale differenza.
  La caduta dei noli in oro avrebbe certamente recato danno gravissimo ai prodotti cerealicoli nazionali, se provvedimenti di varia natura non fossero intervenuti a paralizzarne gli effetti; bisogna però tenere presente che tale caduta ha avvantaggiato alcune nostre industrie nell’approvvigiona-mento delle materie prime e nell’esportazione dei prodotti lavorati, abbassandone sensibilmente i costi di produzione, particolarmente per quelle industrie che sfruttano merci di temporanea importazione.
  8.	Ora, se si tiene presente che gli aumenti di tariffe portuarie, le preferenze di bandiere, le provvigioni bancarie, la quotazione della moneta base, le variazioni dei noli-oro hanno negli effetti pratici valore di dazi doganali, formando con questi un sistema interdipendente, e che la sfiducia, che forse è la causa principale, benché latente, se non della depressione attuale, almeno del prolungarsi di essa, ha invaso particolarmente i campi in cui si muovono gli industriali e commercianti che dovrebbero far uso dei porti di Trieste e Fiume, principalmente l’Austria, la Germania meridionale, l’Ungheria e la Jugoslavia, vediamo con sicurezza come l’avvenire del traffico marittimo dell’Adriatico sia, in misura superiore a quella di altri mari, intimamente connesso con la risoluzione, non
solo della ciisi economica mondiale, ma anche del problema dei debiti e delle riparazioni, questioni che in pratica sono l’una riflesso dell’altra.
  E’ necessario quindi affrontare le cause della attuale depressione economica.
  11	Capo del Governo fascista ha già tracciate le direttive: aumento di solidarietà fra tutti i popoli indistintamente, per far rivivere gli scambi internazionali; disciplinamento delle masse e controllo delle attività economico-finanziarie da parte dello Stato, per ristabilire, convalidare e potenziare la fiducia dei singoli.
  Il	Governo italiano ha sempre seguito questo indirizzo; e l’opinione pubblica mondiale, anche quando credeva che l’Italia perseguisse un imperialismo di puro prestigio, si è poi accorta che in sostanza la nostra espansione coloniale tende al miglioramento dell’economia nazionale e con questa all’elevamento della vita europea.
  D’altra parte, la miglior prova che l’Italia non pensa all’autarchia come sistema di isolamento, ma come mezzo per garantirsi quell’indipendenza economica senza la quale, nelle turbate relazioni internazionali, non si può pensare ad una effettiva indipendenza politica, la si ha nel fatto che il nostro commercio con l’estero ha subito negli ultimi anni, precedenti l’infausto ma per noi glorioso periodo delle sanzioni ginevrine, una diminuzione relativa meno sensibile di quella di altre Potenze.
  Tale resistenza alla progressiva paralisi degli scambi internazionali trae le sue origini prime dalla salda e ferma disciplina esistente nei nostri empori, nella cura posta dalle Amministrazioni a salvaguardare i giusti interessi dei lavoratori portuali e a