limitiamo ad alcune generiche osservazio-ni sulla distribuzione geografica del corri-mercio albanese. Dai dati ufficiali della « Statistike e Tregtis se Jashtme », si rileva che per le importazioni la concentrazione dei traffici tende a diminuire, particolarmente a danno di quelle Nazioni, che, neU’immediato dopoguerra, fornivano oltre 1*85 % di tali correnti: l’Italia e la Grecia, che negli ultimi anni hanno ridotte le loro forniture al 50 %. Nelle esportazioni, invece, la concentrazione geografica verso l’Italia e la Grecia, nelle misure rispettive medie del 60 e 20 %, non tende a diminuire; anzi, attraverso variazioni contingenti, si nota una tendenza all’aumento verso l’Italia. Da tali constatazioni risulta evidente che l’Italia, malgrado la sua posizione favorevole, determinata dalla politica amichevole verso l’Albania, che si concreta principalmente sotto la forma di prestiti, finanziamenti e aiuti di ogni specie, non si è curata di monopolizzare in tutto o in parte i rifornimenti albanesi dall’estero, lasciando libero il campo alla sempre più intensa concorrenza straniera. L’Italia, dunque, permettendo che il vicino Regno volgesse le sue richieste a quei mercati, ove riteneva di poter acquistare a condizioni più favorevoli, ha dato e dà tuttora prova di larga visione delle necessità economiche, non disgiunta dal desiderio di mantenere inalterate le attuali condizioni di buon vicinato. 7. Ci proponiamo ora di vedere brevemente quale influenza abbiano esercitato negli ultimi anni i noli marittimi sul commercio estero mondiale, con riferimento particolare a quello italiano, compiuto attraverso i porti adriatici. Gli scambi internazionali sono costantemente diminuiti nell’ultimo lustro. Dopo lo sconvolgimento finanziario prodotto dall’abbandono della parità aurea da parte della Sterlina (Settembre 1931) e del Dollaro (Aprile 1933), la politica di difesa doganale è stata ovunque intensificata. I dazi sono stati accresciuti proprio nel momento in cui la diminuzione dei prezzi faceva sperare un aumento di scambi. Tutti i Governi, che quasi contemporaneamente hanno inasprite le barriere doganali, si sono illusi di poter tutelare la produzione e il lavoro nazionale, calcolando di riserbare a questi il mercato interno e di riuscire a penetrare nei mercati stranieri. In una situazione di così evidente con-trosenso, naturalmente il commercio internazionale è stato colpito con particolare gravità. Per fornire un’idea della diminuzione mondiale degli scambi negli ultimi anni, riportiamo, a titolo di esempio, dal Bollettino Mensile di Statistica della Società delle Nazioni, alcune percentuali di diminuzione del valore globale delle merci scambiate nel 1932 rispetto all’anno precedente, che già fu un anno poco favorevole agli scambi internazionali: Inghilterra e Argentina, 15 %; Canadà, 23 %; Italia, 30 °/0; Stati Uniti d’America e Olanda, 34 %; Germania, 35 %; Francia, 50 per cento; Brasile, 53 %. Alcuni studiosi ritengono tale fenomeno derivante dall’orientamento dell’economia mondiale a circoli chiusi nazionali; ma, dopo la Conferenza di Ottawa, pare invece che abbia avuto inizio una tendenza alla