59 Sì finge che, veggendo la prima Nave, cosi gli spettatori parlassero : Già l’Anfitrite il sen prende a solcare Tremendo aratro, e non mai più veduto; Nuota di folto lin bosco canuto Primo giogo, e terror de Tonde amare. D’ austro, o di Borea ei non paventa, e pare Ogni flutto premendo alto, e temuto, Con incognito pondo, e rostro acuto Consumar Tonde, e divorarsi il Mare. Forse che ’1 Mar prende a varcar Caronte, E mal pago del pin eh’a lui ben piacque In nuova nave ha trasformato un monte. O sdegnosa badar la dove nacque, Con un mondo di torri in su la fronte Cibele vien ad habitar frà Tacque. Havendo gl’ lll.mi Accademici Delfici posto questo problema : Qual altro Nume nella mancanza di Giove dovrebbe esser eletto per lo governo dell’ universo, l’Autore risponde con questo sonetto, dove prova dover succedere ogni qualunque Gentilhuomo Venetiano. . Sia di Giove un di Voi Giove secondo Liberi Heroi, che s’ egli i tuoni elegge Contra i Tifei, vostro saper profondo I Tifei de la Luna arde, e corregge. Leggi ei prescrive, ed ha del tutto il pondo, E di voi d’Adria il freno ogn’un che regge, Fà maneggiando in ogni Palla un Mondo De le leggi più giuste una sol legge. Anzi se qui di Voi scettro opportuno Dentro l’Acque impugnando in mille prove, II gran Nume del Mar rassembra ogn’ uno. Altra ragion la mia ragion non move, Che s’ogn’uno di Voi fatto è Nettuno, Può passar da Nettuno, e farsi un Giove. GIUSEPPE ARTALE