della Marina, in quei giorni era sempre presente al fronte del Settore a Levante di Porto Lignano, e so- lo si allontanava qualche istante col Capo di S. M. dell’Esercito, allo scopo di prevenire il disastro, e nello stesso tempo di dare il suo parere sui provvedimenti da prendere. 11 23 Ottobre 1917, sferratasi la grande offensiva nemica e sfondata la nostra linea a Caporetto, il Comando Supremo emanò l ordine di ritirata sul Tagliamento. Tale ordine pervenne al Comando di Settore il 26, e la sera stessa il Comando Supremo ordinava all’Ammiraglio Marzolo di tenersi pronto a sgombrare la zona, dopo aver provveduto ad appoggiare l’ala destra delle truppe che dovevano ritirarsi oltre l’Isonzo. S'iniziò subito lo smontamento delle batterie il cui impiego non risultava più necessario e si procedette all’elencazione di tutti i galleggianti, assegnando a ciascuno e carico e ordine di traffico, in modo da non ingolfare i canali interni non atti per il traffico di grossi galleggianti. Fin dalla sera del 26 Ottobre dal semaforo di Grado si osservava su tutto il fronte della Terza Armata, specie nel Basso Isonzo, uno spettacolo terrificante. 11 cielo era ammantato di rosso cupo, fiammeggiante. Nembi di fumo denso unito a scintille s’inalzavano verso lo spazio aereo, mentre spaventosi boati echeggiavano. Erano depositi di munizioni che scoppiavano, artiglierie che venivano distrutte, magazzini ed accantonamenti di materiali dati in preda alle fiamme. Vasti e colossali incendi illuminavano ogni cosa all’intorno con luce di sangue, mentre i nostri fanti si ritiravano, tutto distruggendo. Si può ben credere che spettacolo così raccapricciante abbia mai registrato la storia delle precedenti grandi guerre. Fu disposto l’immediato invio a Venezia di tutto il personale ritenuto non necessario per i lavori e per la difesa, e furono prese tutte le disposizioni per distruggere quel materiale bellico che eventualmente non si fosse potuto trasportare. 11 pessimo tempo rese ancora più difficili le operazioni accennate, e si deve all’abilità dei bravi marinai, all’esatta interpretazione degli ordini, al- lo spirito di abnegazione di tutti, se, malgrado tutto. nelle poche ore di una notte tempestosissima si potè, sino agli albori del 27, iniziare, come da ordini emanati dal Comando Supremo, lo sgombero di tutto quanto poteva essere poi di utilità al nemico. Il 27, in vista della situazione creatasi nella regione di Monte Maggiore, alla sinistra della Seconda Armata, il Comando Supremo ordinava alla Terza Armata di iniziare subito il movimento di ritirata. Il Comando di Grado, data la notevole quantità di materiali e personale da istradare a Venezia e lenendo presente l’esodo della popolazione, iniziò le sue operazioni di sgombero il mattino del 27, mettendo in moto tutti i suoi organi. Mentre nella notte dal 27 al 28 si iniziava il ritiro «Ielle truppe dislocate ad oriente del Vallone sull’Isonzato, sullTsonzo le nostre batterie controbattevano l’ininterrotto fuoco nemico, ed i marinai, con Iena ammirevole, non curanti del pericolo che li circondava e dell’insidia di cui minacciavali l'incalzante inondazione delle acque disarginate dell’I-sonzo, procedevano al ricupero di munizioni, di armi e di galleggianti, lavoro non facile e che richiese non pochi atti di abnegazione e di vero eroismo, quale, ad esempio, quello compiuto da un gruppo di uomini destinati su di un pontone armato con cannone da 203, e che da un rimorchiatore doveva essere condotto da Palazzata a Grado. Questi uomini, durante l’imperversare della tempesta sullTsonzo, sotto la continua pressione nemica, riuscirono a liberare prima l’elica del rimorchiatore, impigliata in una cima, poscia, quantunque invitati ad abbandonare il pontone perchè incagliato, sprezzanti della rigidezza delle acque, si tuffavano a più riprese, compiendo sforzi sovrumani per riuscire nell’intento del disincaglio e mettere felicemente in salvo l’importante bocca da fuoco. Altrettanto si deve dire dell’armamento del pezzo da 152/50 situato a Punta Sdobba, che per difficoltà del trasporto era stato stabilito di distruggere; ([uei fieri giovani, ponendo per ben sei ore la loro vita a repentaglio, con lavoro erculeo riuscirono a smontarlo dal basamento per offrirlo nuovamente alla Patria, Dal mattino del 28 Grado rimaneva completamente isolata per l’interruzione delle comunicazioni, interruzione dovuta in parte a distruzione ed in parte allo straordinario maltempo. Più che encomiabile è stata l’opera prestata dai due monitors inglesi «Picton» e «Conte», i quali, malgrado l’imperversare della tempesta, il mattino del 28 lasciavano Grado, portando a Venezia il maggior contingente di uomini ormai non necessari per la resistenza e molto del materiale preziosissimo, compiendo una brillante ed audace traversata. Così pure partirono per Venezia, via mare, le navi: «Sauro», «Saetta» e «Folgore», stracàrichi di profughi e masserizie. Anche sui monitori italiani: «Faa di Bruno» e «Cappellini» furono imbarcati ancora profughi, truppe ed ingenti quantità di materiali, mentre la Capitaneria di Porto, servendosi di mezzi requisiti sul momento, provvedeva a formare convogli con materiali e personale, istradandoli per la via interna. Verso sera il tempo pessimo imperversò con violenta mareggiata da scirocco, tanto da temere per la sicurezza dei convogli istradati per via mare. Difatti, il « Cappellini » s’incagliò sulla costa tra Caorle e Revedoli. Nella notte tutta la zona da Grado fino a Go-lametto era completamente allagata e i marinai adibiti allo smontaggio delle artiglierie, sorpresi dalle alluvioni, compirono prodigi. 254 —