avrà certo trovato gli altri spiriti, fratelli a lui nella lotta e nell’ardore della passione. Là non vi è casta nè privilegio alcuno, mu più è in alto chi più ha donato. Avrà incontrato il marinaio Luigi Diagi, volontario, romagnolo, che aveva gridato: « Voglio essere il primo, sarò il primo sulla trincea nemica ». E mentre era moribondo: « Scrivete a mia madre che ho un solo rammarico, non aver visto la terra sgombrata dal nemico ». Poi: « Presto, datemi la mia piccola bandiera, ho tante cose da dirle, ho da baciare in essa tanta gente ». Avrà incontrato il sottocapo Coppia. E giunto di notte, a piedi, al fronte. Ha disertato la sua nave a Spezia. Egli ha moglie e un figlio. Che importa! « Potrò mai lasciare a mio figlio nome più onorato di (¡nello che gli verrà per aver perduto il padre, morto per la Patria? » E il primo sull’altra sponda, il primo che con il petto squarciato la bagna con sangue generoso. Queste anime di stirpe marinara ne rispecchiano altre mille. Non tutte hanno sì allo vigore, ma molle sono di una bellezza commovente. Una comunicazione dell’Armata portataci da un velivolo ci avvertiva che le ostilità erano sospese. Eravamo nell’armistizio. Rumori lontani di esplosioni, incendi all'orizzonte erano gli ultimi aneliti dell’attività nemica. La grande battaglia era vinta. Alla febbre che aveva invaso le nostre anime dando un vigore ignorato, ora che era stala raggiunta la mèta, subentrava il bisogno del riposo dello spirito. Non grida, nè esultazioni rumorose sulla linea del fuoco. L’esultanza era tutta racchiusa, con gelosa cura, dentro di noi affratellati come mai nell'intima gioia. Per la prima volta forse spingemmo lo sguardo a ritroso, per fare in rapida sintesi tutto il cammino; lunga e sanguinosa riappariva la strada, ma altrettanto nobile e alta la mèta raggiunta. Riudivamo specialmente il grido affannoso con il (¡itale ci avevano accolti sulla Livenza le ¡tritile genti della Patria ritrovata. Erano dei bambini, dei poveri bambini in lunga fila, denutriti, smunti, coperti di poco vestiario. Essi avevano appreso, duramente in un’età fatta solo per la gioia spensierata, che cosa volesse dire la Patria invasa dallo straniero. Erano sull’opposta riva che ci attendevano! Quando ci scorsero, le voci esili fatte ardile dalla forza del sentimento, gridarono con accenti che a-vevano fremiti: « Viva i nostri soldati italiani », « Viva i soldati italiani! ». E piangevano. L’innocenza dava ai soldati il primo saluto della Patria riconoscente. Alta ricompensa alla fatica. Essi porteranno alle loro case quel ricordo: sarà la gioia di tutta la vita. Il grido dei fanciulli della Livenza echeggiò, in quei primi giorni di Novembre, per tutte le vie e per tutte le piazze della nostra terra: « Viva i nostri soldati ». Molti tornarono e torneranno alle loro case. Molti restano lì in innumerevoli cimiteri, di cui è sparsa la terra soleggiata. Sono i martiri rimasti a testimoniare quanto fu rude la fatica. Chi potrà mai dimenticare? Questo popolo che da secoli batte il ferro nelle fumose officine, innalza monumenti imperituri, a-pre strade, perfora montagne, sudando e sanguinando ¡ter tutti, fuorché per sè: questo popolo ha oggi lavorato e sofferto ¡>er la Patria, l’ha riunita e ha posto le basi ¡ter la sua elevazione civile e morale. Chi potrà mai dimenticare? Sessant’anni or sono, un nobile spirito di questa regione, un profeta, Mazzini, la cui grandezza morale cresce con il tempo, formava nel suo pensiero politico la legge del progresso; forma evolutiva, per la (piale il cammino dell’umanità è organicamente segnato da una graduale progressione dalla vita individuale a quella collettiva. Prima base del progresso la Nazione, termine medio tra l’umanità e l’individuo, fine una formidabile solidarietà delle Nazioni, nell’idea che i popoli, sottomessi all’alta legge morale, sono chiamati a costituire concordi la unità dell’umana famiglia. Il principio informatore ed innovatore nel campo della coscienza individuale e collettiva non ]>oteva essere intuito da altri, meglio che da un’anima della nostra gente, da un poeta, da un pensatore e combattente insieme. Ma l’alto principio aveva bisogno, ¡ter germogliare, del martirologio dei popoli. Nessun martirologio, neppure quello cristiano, che ha fecondato un alto ideale di vita, è stato così immenso nella sua grandezza. Questo ideale fu la bandiera, lo stendardo delle giornate ansiose. Esso ebbe nella nostra stirpe, che nei secoli ha raffinato il concetto di giustizia, il consenso unanime delle coscienze. Chi non le ascolta le moltitudini per tutte le vie, per tutte le ¡>iazze delle nostre città, ad acclamare il banditore? Esse oggi sono dimenticate. Dimentiche non morte. L'ideale ha chiamato a sacrificio milioni di uomini. Ha scavalo solchi profondi nelle moltitudini. E le moltitudini sono feconde di idee e di energie. Il sangue generoso di tanti martiri, che scorre sottile e misterioso, farà sentire, non v’Iia dubbio, la sua influenza profonda, compirà la sua opera ». — 195