La « Mignatta » rese padrone «li tutti i meccanismi di tali ordigni di guerra. Pensò una torpedine a forma ogivale, a immersione regolabile, a scoppio regolabile, che per la sua forma e il suo volume potesse essere trasportata a nuoto con facilità. Il 13 di Febbraio 1918 si gettò a nuoto nella laguna per la [»rima volta, e con grande dolore dovette risalire dopo pochi minuti. Ripetè il giorno seguente l’esperimento con risultato di poco migliore, ma cominciandosi a bordo a mormorare sulla «pazzia» del Tenente Medico di fare i bagni fuori stagione, pensò che solo di notte avrebbe potuto continuare il suo allenamento. Ai primi di Maggio incominciò l’esercizio; l’ae-qua era meno fredda, ed i propositi, nella lunga attesa, si erano rinsaldati. Trascinandosi una botte carica di 150 Kg. di acqua, riuscì a percorrere la distanza che sta tra Malamocco-Poveglia e ritorno; circa quattro Km. Il suo progetto intanto veniva esposto a S. E. il Vice Ammiraglio Paolo Marzolo, che dopo aver accolto il Tenente Paolucci con molte buone parole, lo inviò dal Comandante Ciano perchè prendesse con lui i necessari accordi. DallTspettore dei M.A.S. apprese che avrebbe dovuto, compresi gli inevitabili sbandamenti, percorrere a nuoto circa 12 Km., tra l’andata e il ritorno. E qui cominciò la vera «via crucis» dell’operatore. Ogni notte, per un mese di seguito e per varie ore, si esercitò nella laguna, allenandosi in un percorso di sei chilometri. Si presentava poi al Comandante Ciano per dirgli che, non potendo raggiungere i 12 Km. necessari all’andata e ritorno, avrebbe rinunziato a ritornare. Il Comandante Ciano, visibilmente commosso, gli disse: « Caro ragazzo, i suoi otto Km. l>astano per andare e per tornare, continui Vallenamento e noi faremo costruire la torpedine ». Passò intanto un altro mese, e fu allora che il Comandante Ciano lo fece chiamare per comunicargli che aveva intenzione di servirsi di lui per un’azione progettata. Intanto la grande offensiva sul Piave, sferrata con poderosi mezzi, degenerò in una disfatta gravissima per l’Austria, e come preludio a questa vittoria, Luigi Rizzo aveva dato alla Patria quella di Premuda, affondando la «Santo Stefano». Fu in questo periodo, ed in tali condizioni di cose e di animo, che il Tenente Medico Paolucci fu presentato all’lng. Raffaele Rossetti, Maggiore del Genio Navale, che aveva studiato un ordigno di distruzione consistente in due torpedini contenenti ognuna 180 Kg. di alto esplosivo, ed in un apparato propulsore ad aria compressa. Gli operatori dovevano stare in acqua aggrappati alla macchina mentre questa procedeva con moto lento, far da timone coi loro corpi, e in alcuni casi essere loro stessi a rimorchiare l’apparecchio. Gli esperimenti fatti di notte durarono alcuni mesi, durante i quali il Tenente Paolucci ed il suo compagno si erano esercitati ad oltrepassare ostruzioni semplici e retali e si erano allenati a rimanere in acqua sei o sette ore di seguito, a passare inosservati sotto le sentinelle scaglionate nell’Ar-senale di Venezia e a manovrare con sicurezza e padronanza l’apparecchio. Pochi giorni prima dell’azione fecero esperimenti alla presenza delle LL. EE. Thaon di Revel e Marzolo, attraversando tutto l’Arsenale, eludendo la vigilanza delle sentinelle. L’AZIONE Alle ore 13 del 31 Ottobre 1918 le torpediniere 65 e 66 P. N. salpano le àncore da Venezia dirette a Pola con a rimorchio i M.A.S. 94 e 95. Sulla 65 P. N. hanno preso imbarco : il Comandante Costanzo Ciano, Capo della spedizione, il Comandante Tista Scapin, il Maggiore Raffaele Rossetti e il Tenente Medico Raffaele Paolucci; pure a bordo è stato collocato l’apparecchio « Mignatta ». Il cielo è coperto e fa prevedere la pioggia imminente : il mare è morto, plumbeo, cupo. La punta del campanile di S. Marco si allontana, si fa più piccola, sfuma, scompare; la rivedranno ? In mare aperto filano a 15 nodi, mentre il Comandante Ciano scruta il mare con l’occhio acuto del marinaio. Quando alle ore 20.15 il convoglio arriva in