affidato il Comando dell Armata di riserva che era in via di costituzione. Senonchè, subito dopo le prime azioni, e dopo qualche errore iniziale, al Comando della 1 erza Armata veniva allora destinato il Duca D'Aosta.
     11 Grande Condottiero fin dai primi giorni dimostrò come nella squisitezza della coscienza proha sentisse vivamente il dovere di non evitare i disagi, ma di sopportarli più degli altri. Senti come il suo posto fosse tra i soldati, e tra i soldati fu sempre.
    Sostanzialmente non vi furono riposi per il Duca, che preparò e guidò le battaglie più aspre, che schiuse le porte di Gorizia, che si avvicinò più di ogni altro a quelle di Trieste.
     La sua popolarità, fino allora fatta di simpatia personale per gli affabili modi del gentiluomo, la semplice vita del Principe, la sua costante sollecitudine nelle opere della carità civile e per l’alta dignità degli Uffici da Lui tenuti senza vanità, si tramutò allora in ischietta e profonda ammirazione per il valore del combattente, per il Comandante scrupoloso e coscienzioso.
    Tutta l'opera della 111 Armata è strettamente legata alla volontà del Duca, la (piale fu tale da dare aU'Armata un'impronta speciale, una coscienza profonda, una instancabilità insuperata nella lotta.
    Nella condotta della guerra della Terza Armala si videro cose mirabili. Nei primi tempi, nell» notti rotte dalla improvvisa ed accecante luce dei razzi, piccoli nuclei di uomini scavalcavano i deboli ripari delle trincee appena segnate, e strisciando fra i sassi e gli sterpi, e trascinando lunghi tubi di esplosivi, muovevano ad aprire brecce tra i grovigli dei reticolati nemici. I più morivano nella terribile audacia, pochi tornavano, ma non uno sostava, perchè bisognava combattere, osare per avanzare. Era una profusione non mai veduta di giovani vite; le ondate si susseguivano alle ondate con gli
l	fficiali in testa, che combattevano eroicamente.
    Durante Caporetto e dopo, il Duca D'Aosta mai dimenticò le sue peculiari qualità: signorilità, saldezza d'animo, fede nei suoi destini e nei destini della Patria.
    Sul Piave la Terza Armata aveva fermato l'impeto del nemico e sul Piave sconfisse il nemico. K sopra tutto difese Venezia, perchè pareva che ogni colpo del nemico fosse diretto ad offendere l'ideale bellezza di Venezia, fosse inteso a violare 1 antico dominio della Serenissima.
    Parve che il Duca nel preparare, organizzare, dirigere quella che può chiamarsi la difesa di Venezia, lottasse per cosa sua. Forse la remota qualità di patrizio veneziano gli dava al grande animo lo stesso palpito che sorge istintivo al cuore di chi difende una cosa propria, e per questo la difesa di Venezia, se fu ragione di orgoglio per il Duca D’Aosta, fu anche una delle più belle pagine dell’epica e gloriosa storia della lerza Armata.
     Il 24 Ottobre 1918. prima che si sferrasse 1 offensiva definitiva. Fgli grida ai suoi: « Prodi sol-pati! L'ora è giunta: Lanciatevi con fermo cuore NELLA GIUSTA BATTAGLI A ; I NOSTRI GLORIOSI E-HOI CI ATTENDONO NEL CARSO, L'ITALIA INTERA VI CU ARI) \ E VI BENEDICE. AVANTl! )).
     Decorato di medaglia d'argento al valor militare nel 1918 per la battaglia del Piave, venne poi insignito della Gran Croce delFOrdine Militare di Savoia per avere condotto alla Vittoria finale le sue imbattibili Divisioni.
    Nel 1919 veniva promosso Generale d Esercito e nominato Membro del Consiglio deU'Esercito.
     Vennero i tristi giorni, e il Grande Condottiero soffrì le pene più atroci nel veder vilipese la ^ it-toria e la Patria.
     Oliando il grido di riscossa proruppe di valle in valle e il canto della risorta a Giovinezza » e-cheggiò nelle piazze d'Italia, il Duca D'Aosta, senza esitazione approvò il movimento, vi aderì spiritualmente ed entusiasticamente.
     Il Governo Nazionale, nel 1926, tra l'unanime applauso degli italiani, lo nominava Maresciallo d I-talia. Il suo cuore pronto ed aperto a tutte le voci della solidarietà nel dolore e neU’ardiinento, fu sempre primo ove fosse un bisogno da soccorrere, così come fu primo nei posti di avanguardia e in tutte le trincee ove maggiore era il rischio e la minaccia. e in guerra la sua bella e pensosa figura di eroe e di asceta, le sue parole ardenti d'amor patrio hanno veramente, nelle occasioni liete e tristi, scossi e inebriati i petti degli Italiani.
    Nel ¡Maggio del 1930, in occasione deH’anni-versario dell'entrata in guerra dell’Italia, il Duca D'Aosta, rivolgeva per radio ai combattenti il seguente messaggio :
          « Com/Migni di guerra e di Vittoria !
     u Ritorna con la dolce primavera, la ricorrenza ili ini fatidico giorno, nel quale la iliana ili guerra squillò sull'infido confine; si rinverdisce il ricordo degli assalti cruenti sulla /tetraia del Carso, che i nostri fanti domarono, armati /iìù d'entusiasmo e di fede che di bellici attrezzi, si ricolora con esso il fiero dolore per i nostri compagni caduti. In quel giorno vinse il genio della stirpe, che fugò ogni vile esitanza e richiamò sul cielo d'Italia le aquile di Roma.
     « Oggi, dopo lo sforzo compiuto, il lungo cammino ci sembra circonfuso ili sogno, ed il sangue copiosamente sgorgato dalle ferite ha germinato e-nergie insopprimibili, pronte ad ogni cimento.
     « I bimbi di allora portano fieramente le armi della Patria e nelle file l'esuberante giovinezza d'Italia ha colmato ogni vuoto, vibrante di entusiasmo degno del sacrificio dei Padri.
     u Quindici anni sono trascorsi, ma sulle nostre anime di devoti soldati della Patria il tempo no i
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