ASSISTENZA E SALVATAGGIO l’assistito, così come è mal tollerata la speculazione del salvatore (reciprocità logica e pratica di apprezzamento). E nel profittamento dell’opera altrui, di chi la compiè lanciandosi all’azzardo di un pericolo, ci sarebbe l’arricchimento da parte dell’assistito. Una questione si presenta, a questo punto, su la esistenza o meno di un criterio legale per stabilirsi la eccessività o meno del compenso. E’ questa determinazione tutta demandata al giudice, o il giudice ha un limite preordinato di legge ? Il dubbio, che ci si presenta, perla disposizione dello art. 2 della Convenzione di Bruxelles, è, che, mentre essa dispone che l’assistenza deve avere un equo compenso, al secondo capoverso dice che “ in nessun caso la somma da pagarsi può superare il valore delle cose salvate Dunque può arrivare sino al valore delle cose salvate, e sino a questo valore il compenso convenuto contrattualmente rimane e-quo. Se lo supera, c’è l’eccesso, senz’altro ; e l’esorbitanza dev’essere modificata. Se non lo supera, può ritenersi eccessivo dal momento che rimane entro i limiti in cui il compenso è definito equo dalla legge ? Cosi interpretando, non ci sarebbe potere del magistrato a modifica della remunerazione, sempre che non si esorbiti il valore della cose salvate. Ma non si può sostenere questa conclusione ; perocché l’eccessività o meno è valutata, non pel solo ammontare in sé, ma in rapporto al pericolo, a cui provvide l’opera di assistenza, e del rischio che questa corse- Può esser minima quest’opera, e il compenso massimo ; quindi sarebbe sproporzionato. Può esser massima, ed esserne scarso il compenso. Noi escludiamo, per ciò, che possa esser limitato il potere arbitrale da altro che non sieno i criteri di determinazione di misura stabiliti dalla legge. 8