— 207 — samente moltiplicato dalla macchina, e terra a radissima popolazione, ma un disquilibrio esisteva in quanto l’unità di misura del lavoro o inglese o francese o austriaco, avidamente domandata dagli italiani, veniva ripagata con un’unità di lavoro che agli italiani costava proporzionatamente in fatica di più. O gli italiani rimanevano attaccati alla loro « pura » economia cittadina, e sarebbero stati vinti di fronte all’inesorabile concorrenza della macchina e dell’industria; o rimanevano attaccati ad un’economia agricola chiusa, non atta ad essere però conservata integra di fronte al progresso industriale che, pei guadagni più pronti e facili, avrebbe tratto dalle campagne l’agricoltore; ovvero dovevano faticosamente innalzarsi su un piano industriale mediante un aiuto degli stranieri. È stato però questo un vero aiuto ? Ne dubito, e vedremo il perchè. Fu intanto un tragico dilemma quello dei principali Stati italiani, come fu un dilemma tragico quello della Repubblica di Venezia. Dilemma semplice, perchè, in fondo, o si trattava di conservare e difendere, ovvero di mutare radicalmente. Se si trattava di conservare, bisognava proseguire sulla via di una economia cittadina pura e agricola, rigidamente difesa dal lavoro esterno e straniero, quest’ultimo impetuosamente concorrente e pronto a dare il tracollo, pronto a vincere il lavoro del piccolo Stato italiano. Bisognava costruire una muraglia sui confini dei vari Stati italiani per mantenere la loro vita antica. Il conservatorismo — che talora non è progressista e che pur risplende di luce gloriosa verso gli ultimi anni della Repubblica veneziana — possiede un fascino, perchè rispecchia lo sforzo indomito dei vecchi patrizi diretto a mantenere, con l’indipendenza economica di Venezia, davvero l’indipendenza della patria. Progredire significava passare attraverso un ponte straniero, significava abdicare ad una indipendenza di oltre undici secoli. Questi vecchi patrizi, che difendono con le armi in pugno nel ’700 il nome d’Italia sui mari del Levante, non vogliono che l’economia cittadina e quella agricola della Repubblica si congiungano con quella industriale degli Stati d’Europa, perchè prevedono che l’economia industriale assorbirà l’economia dello Stalo veneto. Dalle isole jonie, dalla Grecia, dalla Dalmazia fino alla metropoli adriatica, è un’unica battaglia dominata da un’unica idea, che l’Italia d’oggi deve ricordare con orgoglio ed ammirazione. Questi vecchi veneziani non vogliono il confronto, non come sistema, ma perchè comprendono che esso, per un vastissimo spazio di tempo, avrebbe asservito i cittadini dello Stato veneto.