— 214 — Significava normalmente diventare un numero neiruniformità della mano d’opera straniera. Egli poteva lentamente salire nella gerarchia lavoratrice, ma non poteva raggiungere in un campo di lavoro eguale, meccanico, standardizzato e monotono la direzione, il dominio dell’industria legata, d’altro lato, alla fonte capitalistica. Da un punto di vista economico, il lavoratore italiano dell’industria, costretto ad un movimento eguale e meccanico, non possedeva i mezzi per poter scalare la muraglia del capitalismo straniero. Forse dunque procedere su tale via perdendo davvero un grado di libertà non era prudente, tanto più in un tempo in cui il fiotto dell’emigrazione italiana nelle terre d’oltremare non era nutrito da una popolazione metropolitana quantitativamente rilevante. È certo però che il gruppo, più che l’individuo, poteva iniziare una ascesa, ma anche il gruppo, all’inizio, non sarebbe bastato, quando non si fosse aggiunto un modesto capitale per fondare ed alimentare, nella fase iniziale, l’industria. La genesi del capitalismo italiano che si formava in America nel primo ’800 nella lotta con gli europei favoriti dalla macchina rappresenta una pagina della storia economica che fa seriamente meditare, perchè ci fa scorgere come anche il puro lavoro dell’uomo, quando sostenuto dalla genialità e dal volere, non veniva sopraffatto dal ritmo impetuoso della macchina. Il puro lavoro umano era l’elemento primo, anzi, che spianava la via al lavoro industriale. A fomentare certo una delle basi all 'individualismo economico è stata anche la mancanza di forti basi demografiche la quale ostacolava il processo più ampio di collaborazione, che, quando realizzata, non sembrava atta a dare una utilità soddisfacente. 3. — Per poter operare proficuamente nel campo dell’emigrazione o occorreva l’esistenza di una robusta forza di associazione, la quale avesse raccolto le poche energie e favorito il processo industriale, oppure era inevitabile l’applicazione di una direttiva tendente ad un perfezionamento del lavoro. Si poteva però sostenere che gravi conseguenze si sarebbero avute se le due tendenze, quella associativa e quella individualistica, si fossero riunite per sboccare in una zona grigia che non fosse nè forte lavoro industriale nè libero lavoro individuale. Mi sembra lecito tuttavia dubitare sull’esattezza di tali premesse. Indubbiamente il lavoro industriale è tipicamente lavoro associato o di masse, come il lavoro « individuale » è un lavoro legato alla capacità ed alla intelligenza di quel dato individuo. Una fusione sembra impossibile, ma non così una coesistenza.