sima diplomazia diretta a sottrarre e liberare il veneziano d’oltremare da ogni servitù, ma specialmente dalla servitù del denaro, dalla « servitù della borsa », che incatenava il tributario, il quale diveniva non semplice debitore ina vero schiavo (1). Perchè, se anche il veneziano si trovava in una posizione sociale privilegiata, legato al grande accentramento dell’estremo Golfo adriatico, egli doveva aprire uno sbocco ed una foce al suo danaro con estrema accortezza, tenendo presente che pagare la sua libertà significava diminuire una delle basi della sua preponderanza economica, aumentando correlativamente talora, pel valore della moneta veneziana, il valore della preponderanza degli altri popoli. La libertas economica doveva difendere una attività che si voleva sottrarre ad inciampi, vincoli, imposizioni, capaci di influire sulla scioltezza del traffico e di influire negativamente sulla sua corrente (2). Sottrarsi ad imposizioni e, soprattutto, sottrarre la propria attività mercantile ai tributi è il pensiero che costantemente animava il veneziano antico, perchè guai se, proprio alle sorgenti, una morsa pesante e gravosa avesse pesato sulla vitalità della corrente centrale del traffico! Una lotta aspra si delineava allora la quale conduceva ad un equilibrio e ad una transazione tra uomini operanti non per la terra ma per l’attività e per la produzione di talune ricchezze mobiliari : oltre la terra, la sua sovranità, il suo possesso, si manifestava il lato più caratteristico della progressiva espansione di Venezia in Oriente (3). (1) L’enorme capacità d’acquisto dell’unità monetaria, capacità che non si può raffrontare a quella della moneta moderna, capovolgeva quasi la nostra situazione. Dare danaro significava dare il massimo bene in senso assoluto, e chi, facendo parte di una società lata semplicemente produttrice di beni agricoli, povera quindi di mezzi di lavoro, era costretto a dare danaro doveva intensificare all’estremo la propria fatica. Nel semplice fatto di un rapporto di debito e credito stava segnato un disquilibrio, anche quando non premeva ancora una speculazione sul mutuo, ed in genere una speculazione usuraria. Non vi era un equilibrio ma un disquilibrio enorme, che portava la popolazione tributaria, spesso, a lavorare, in parte gratuitamente, per gli altri. Dover lavorare per gli altri gratuitamente significava esser servi. (2) Alessio cosi stabilisce nel 1200 (in Marin): « ...nec commercium, nec pedagium rei passagium aut sammiaticon, aut portuaticum, aut causa onerandi, aut scalaticum nec aliqua censura ad petitionem a navibus in Romaniam venientibus, vel aut Somariis vel Plaustros per omnes regiones imperii mei transeuntibus ex consuetudine exactum esi-gentur ». E Baldovino II concede al doge Domenico Michiel: «Quin etiam nullus Veneticorum in tota terra dominioque Regis suorum Baronum, nullam dactionem morando vel egre-diendo per ullum ingenium dare debeant, sed liberi ubique Dominii Regis suorum Baronum sicul in ipsa Venetia; sic excepto quando cum Navibus exeunt peregrinos portantes... ». (3) Il patto col Soldano di Aleppo (1229) garantisce innanzitutto: I. La sicurezza e la libertà di commercio. II. L’obbligo di sostenere i diritti dei veneziani e l’impegno di prestare loro ulteriore aiuto. « Et hoc facio ut supradicti mercatores in meis libentius veniant partibus ». La penetrazione commerciale qui indubbiamente è facilitata da una garanzia per cui il regime