— 94 — tere del giudice non è solo limitato alla lite nella quale convenuto sia il veneziano e attore lo straniero che appartiene allo Stato presso il quale la colonia si fonda, ma si estende alla lite di cui attore sia uno straniero, appartenente magari ad un accentramento europeo concorrente. L’urto rabbioso economico tra accentramenti concorrenti in Costantinopoli, il cui Impero corroso ben poca forza propria possiede per la tutela dell’ordine, si ravvisa, ad esempio, aspro in una protesta del legato Damiano D’Andrea (1359) diretta contro la giustizia genovese di Pera, che non intende render ragione ai cittadini veneziani, adducendo la completa ed assoluta sovranità del podestà di Pera sul celebre quartiere (1). Altre volte, al console veneto è affidata la giurisdizione delle liti tra veneti, mentre, per le liti vertenti tra veneto e straniero, si provvede per mezzo di un collegio formato dal console e dal magistrato straniero locale. Così nella tregua col turco Zalabi Chidr, signore di Efeso, del 1348, la quale riconosce il « consilium » e i « consules » veneziani, « qui facient et faciunt ius suo populo », oppure, nelle liti vertenti tra turchi e veneziani, un consiglio misto (et si forte aliquis Turcus habuisset facere cum aliquo de dictis generationibus, consul ipsius et noster Nayppe sint et esse debeant insimul, et illud, quod ipsi vel ille judicabunt, nos habebimus gratum...). Talora, quando si tratta di lite tra veneziano e uomini di altre nazioni, per evitare conflitti, la giurisdizione è attribuita al giudice dello Stato presso il quale la colonia si fonda. Così nel Privilegio di Leone V, re di Armenia, dell’anno 1321 (2). Il famoso patto, già citato, del 1360 col re di Cipro, il quale sanziona il diritto dei veneziani di pubblicare stridori e proclami dando ad essi pure facoltà di portar bastone in tutto il regno, sta- Dohana, qui Consul deffiniat quaestiones inter suos et alios... petentes a suis, et si Consul non expedierit, Dohana expediat ». Invece nel Privilegio dell’imperatore di Trebisonda Alessio II (1319) (cit. in Marin): « Et in toto isto loco debent Veneti hedeficare ecclesiam, et ponere presbiteros vel frates ad eorum voluntatem et hedificare domos et lobiam, et facere creari baiulum qui teneat rationem Venetis, et habeat praecones suos, et habeant etiam nobiles in sua socie-tate et domicellos secundum consuetudinem Romaniae ». (1) Si protesta perchè il genovese che perde la lite non viene condannato alle spese ma soltanto alla sorte: « quod nichil aliud est facere, nisi inducere debitores ad non satisfaciendum, nisi per viam litigii creditoribus eorumdem»; «quod si aliquis venetus facit quaestionem in Peyra vel rixam, non solum potestas Peyrae facit eum carcerari, sed etiam eius vicarius; et si de hoc bayulus Constantinopolis conqueritur dicto potè-stati, ipse respondet quod Peyra est sua ( !) » (Dipi. Ven. Lev.). (2) « E se entre dous Venesiens ou plusors sera contens en nostre terre, la bail qui sera en Ermenie face la raison. E se contens soit entre Venetiens et Ermins ou homes d autre nation qui ne soient Venetiens... la nostre roial haut court la rason en face » (Dipi. Ven. Lev.).