— 183 — una volta che assodati, e accresciuti gl’habbitanti si dilati la coltura, e si vendano gli prodotti, con che li Beni siano apprezzati, et chi li haverà migliorati con l’Aratro, e con gl’impianti, pagherà di buon cuore al Prencipe, ciò, che sarà giusto e necessario a loro maggiore difesa ». \ Questo insegnamento, che sembra preludere a ciò che il grande economista Wakefield propugnava in rapporto alla colonizzazione dell’Australia, si presta a talune considerazioni. L’investimento avrebbe dovuto essere cittadino, vale a dire proveniente dalla città; la terra non avrebbe dovuto essere data a titolo gratuito; la concessione doveva essere moderata dalla tendenza intesa a serbare, nel tempo, la possibilità di una revoca per parte dell’ente investitore. La concessione gratuita avrebbe isolato nello spazio e nel tempo il colono; la concessione perpetua avrebbe « staccato » ancora il colono che, sempre più, si sarebbe radicato nella terra vivendo di una economia staccata. Certamente questo slancio cittadino, inteso ad affermare la sovranità sulla terra per spartirla, è uno slancio moderno, rappresenta una fase d’una più ampia e completa evoluzione; esso costruisce una sapiente orditura economica capace di allargare un dominio. Il disquilibrio verso la terra era allora in atto; male avrebbe fatto la città a ritrarsi dubbiosa del predominio sulla terra, non investendosi del nuovo potere, della nuova corazza! Si doveva fare della terra una piattaforma per la città coloniale, un elemento di potenza e di sostegno per la società cittadina che era bene appoggiare sugli accentramenti di popolazione posti entro i margini della terra. La tendenza era quella di far coesistere due società : cittadina e territoriale; la base della coesistenza era ancora il potenziamento, il rinnovamento, talora la creazione della « societas » cittadina entro più vasti territori. La situazione nel ’700 qua e là si muta. In una lettera spedita al doge di Venezia da Cerigo nel 1719 si parla di « rustici popoli ch’assuefatti dirigersi a loro modo, recalcitrano all’obbedienza », producendo gravi fastidi alla carica, costretta ad adoperare mezzi severi per ridurre all’obbedienza (1). Purtroppo anche i popoli delle isole trasformavano la loro economia, vivevano staccati, fomentavano accentramenti concorrenti, non più emanazioni della più antica città coloniale. (1) Arch. Stato Venezia, Lettere Rettori ai Capi del Consiglio dei X, b. 287: « ...tener in freno questi Rustici popoli ch’assuefatti dirigersi a loro modo, ricalcitrano all’ubbidienza come strillavano nel tempo della loro soggettione all’Ottomana potenza, e con ciò danno non poco fastidio a questa Carica per indurli a dovere ».