— 185 — del lavoro, e la colonia è davvero — come si è ripetuto — un frutto maturo che cade da sè. Quando il nucleo metropolitano in colonia è ricco di lavoro, esso sente il bisogno di arginare il lavoro che giunge dalla metropoli, subisce la necessità, in progresso di tempo, di controllarlo per non affrettare l’equilibrio tra i gruppi economici opposti in colonia, e per mantenere alto il prezzo del lavoro che deve rimanere « isolato ». Qui osserviamo la genesi di regimi indipendenti guidati dal gruppo metropolitano in colonia che si aderge solo di fronte ai gruppi viventi ad opposta economia. Sarebbe certo interessante seguire il regime giuridico imposto dall’antico nucleo metropolitano coloniale. Tale indagine sorpassa però i limiti della nostra trattazione, in quanto ci troviamo di fronte non più a colonie, ma a Stati indipendenti. 2. — I lineamenti finora dati forse chiariscono le basi su cui poggia la potenza coloniale di una nazione ed indicano quali possano essere i regimi più adatti per dare impulso all’economia coloniale e conservare i vincoli con la metropoli. Le basi della potenza sono lo scambio o il controllo. Quando lo scambio con la colonia non esiste, subentra un tipo di colonia ad economia chiusa. Se la terra è coltivabile, si dà adito sempre più ad un maggior impiego di mano d’opera o indigena o metropolitana e potrà darsi adito sempre più ad uno scambio, dapprima interno, poi legato alla metropoli; e potrà darsi adito tanto più a tale scambio quanto più la terra produce beni differenti da quelli prodotti in sovrabbondanza nel territorio europeo della metropoli. Per favorire lo scambio ed il confronto c’è bisogno di una « so-cietas » terriera in colonia, d’una « societas » legata alla terra fertile : soltanto allora infatti lo scambio può avere la probabilità di avverarsi. Quando la terra è abbandonata, quando è estremamente povera, quando non vi sono possibilità di sfruttamento, forse mai avviene lo scambio. Le societates indigene vivono in un regime di concorrenza; i pochi beni alimentari dell’agricoltura e della pastorizia suppliscono appena ai bisogni dell’indigeno; egli non ha nulla da dare al colono per avere da lui una controprestazione. È logico: anche il colono metropolitano niente dà per niente; egli non darà una macchina per un appezzamento di terra che nulla può valere e che nulla ancora può produrre. La societas indigena vive in una lotta di concorrenza interna, vive in un regime di con-