— 212 — appena un moderato risveglio demografico si accenna, gli italiani ritornano a varcare i mari e gli oceani; non appena c’è un margine di possibilità ed una lontana speranza, non manca il coraggio per affrontare la vita. Il « puro » lavoro umano italiano è portato allora al « confronto », ma il beneficio del confronto è soppresso, quasi radicalmente, dalla macchina. Eppure si riesce a comprendere lo sforzo dell’italiano che vuole valorizzare il suo lavoro e cerca, incurante del distacco doloroso e delle difficoltà, le terre più lontane. L’Oriente veneziano, la Dalmazia, l’Albania, la Grecia, le isole del Levante, sono troppo dominate dall’industria e dal processo industriale che, dalle terre germaniche, attraverso una città italiana, sbocca impetuoso nell’Adriatico. Si capisce a quale tracollo sarebbe andato incontro il lavoro degli emigranti se si fosse indirizzato da solo su queste vie. L’industria delle terre settentrionali germaniche dominava in Adriatico, come l’industria inglese e quella francese operavano verso il mare Jonio, nelle terre dell’Egeo ed in quelle dell’estremo Mediterraneo. Quale sforzo dovevano mai mantenere nel tradizionale Oriente qualche posizione italiana e taluni predomini legati al puro lavoro dell’uomo in un assedio formidabile, dominato dalle industrie di tre o quattro potenti nazioni europee e da una rifiorita economia territoriale? Eppure qua e là si resiste con una fortezza pari a quella dell’emigrante che doveva raggiungere le terre d’oltre oceano. L’italiano d’Oriente rimaneva fermo, fisso, impassibile, mentre l’italiano d’Occidente, povero e solo, vagava nel mondo per trovare il suo pane. Più eroica era certamente l’epoca della prima Venezia e della nascente Inghilterra, quando la pura attività dei cittadini ed il genio dell’individuo dominavano e s’imponevano alla materia. La fortuna della prima emigrazione nelle Americhe si ricollega, del resto, alla storia coloniale italiana con un ripetersi singolare. Perchè questa emigrazione, seppur soggetta al predominio della macchina straniera, si piantava saldamente, nell’epoca contemporanea, anche con un metodo che discende, direi, per certi aspetti, dall’antico Comune italiano. La cristallizzazione economica, che le grandi Repubbliche italiane hanno perfezionato con diuturna azione e che resiste ai colpi dell’industria e del dominio capitalistico, brilla nell’economia del mondo, e contribuisce a fondare le basi, modeste forse, ma non meno sicure, di una salda affermazione economica. Il lavoro sciolto, individuale, o moderatamente associato, e lo sfruttamento del puro lavoro umano, condotto da un’idea perso-