— 222 — I cardini del disquilibrio coloniale che sottendono i fili dello scambio devono rendersi frattanto più agili, più sciolti nella loro funzione per facilitare un movimento che qua e là subisce arresti improvvisi. Masse enormi di popolazione non vivono su un piano di concorrenza interna ed esterna senza un ordine sociale ed una disciplina sociale. L’ordine sociale modera l’attrito della concorrenza, come un tempo impediva gli effetti della dispersione e della povertà di energie. Anche nella pacifica coesistenza delle nazioni, quest’ordine sociale è un elemento che garantisce lo scambio. L’integrità economica, la difesa della propria natura economica e della propria individualità non sono idee vuote. Lo scambio è il portato di una differenza e di una diversa individualizzazione economica. Colpire l’individualizzazione economica significa fare un passo verso un livellamento che modera lo scambio, significa rinunciare ed opporsi ad una grande direttiva della natura che crea i popoli differenti per il loro benessere. L’eguaglianza, l’identità economica nei popoli, la mancanza di una divisione di attività assegnate a speciali nazioni, che debbono trarre dalla loro antica natura le direttive della vita, il voler cristallizzare situazioni sorpassate, impedendo l’evoluzione dei popoli più giovani e capaci di creare nuovi capisaldi di scambio, producono effetti temibili nel campo dell’economia mondiale. La valutazione « naturale », perduta forse troppo di vista da taluni popoli, che corrono precipitosamente nella pace ad un punto di identità economica, bisogna che riprenda il suo impero; bisogna che i popoli guardino alle proprie origini, che segnano coll’inizio della stirpe, la loro natura economica atta ad evolversi in un campo più moderno. L’identità economica significa forse una tragica espressione nella storia economica contemporanea. Gruppi di popolazioni che si confondono e si dicono e sono economicamente identici non hanno l’interesse allo scambio perchè gli uni posseggono le cose degli altri. II veneziano antico si guardava bene dal predicare il verbo dell’identità economica e dall’insegnare la sua arte all’arabo; egli si serrava nel fondaco, si separava per meglio affinare e smerciare il suo prodotto. Nella stessa Venezia egli permetteva ai turchi di serrarsi nel loro fondaco. Se l’arabo fosse diventato simile economicamente al veneziano, una salda catena d’interessi si sarebbe spezzata. Quanti individui però, dell’età contemporanea, sospinti dalla brama di smisurati guadagni, hanno svelato nelle terre d’oltremare taluni segreti industriali, trapiantando una pianta che, finché rimaneva in territorio metropolitano, prosperava, ma, portata nelle terre