— 13 — l’individuo di una società appena organizzata su poca terra, allo scopo di svolgere, magari, un solo tipo di attività connesse alla suprema necessità di uomini. Una moderata libertà, cioè la libertà frenata dal dovere, non la libertà, poteva sola rivelare allora le vie vicine o lontanissime da percorrere anche sui mari. Questa moderata libertà era la spinta che toglieva l’uomo da una localizzazione indirizzandolo ad una scelta di attività nuove, era la spinta che una libertà più vasta ed assoluta mai avrebbe potuto attuare operando con profitto deciso nel destino del popolo veneziano. Qui appare una ragione del fatto che perfino il primissimo periodo di accentramento è legato al fenomeno della colonizzazione, colonizzazione animata dalla libertà dell’individuo, ma corroborata da un obbligo, sostenuto, a sua volta, da una viva disciplina; obbligo che non proviene dal Comune, ma si percuote sull’individuo come emanazione di un utile individuale. La libertà costituiva il faro della colonizzazione; l’obbligo e la volontà di svolgere quelle determinate attività rappresentavano, invece, il moto propulsore, l’elemento dinamico della stessa. L’individuo è ancora tutto nel Comune, e, tanto più gli individui debbono essere utili, quanto più gli individui riuniti si propongono scopi vastissimi, che possono essere realizzati da un lavoro di scambio faticoso e febbrile. La celere colonizzazione veneziana non ritardava — come può forse apparire — il processo che tendeva ad una maggior libertà, ma era all’opposto la grande molla che si percuoteva sugli individui per raggiungere la libertà più intensamente. Ma soltanto un accentramento dinamico, proporzionatamente immane, poteva fin dagli inizi fondare le basi d’uno Stato, spostato oltre i mari e pur saldissimo — sempre — nell’accentramento capitale, resistente anche quando, come vedremo, il centro dello Stato pareva sospingersi nell’isola di Candia o nella stessa Costantinopoli (1); soltanto un accentramento rigorosamente e potentemente alimentato poteva porre le basi di una costituzione famigliare, ma presto unitaria, dominata dal doge, sottoposto all’autorità delle famiglie venete che rappresenteranno, anche nei tempi della maggiore fortuna, il fondamento dello Stato. Ma perchè? Se l’individuo, gli individui e le famiglie erano allora il germe del Comune e dello Stato nascente, si comprende come il progressivo accentramento di questi elementi potesse premere sull’autorità dogale, prima più assoluta (in relazione alla più viva necessità sociale), e come, accanto al dux, potesse prendere risalto (1) « Veneti.... maximo numero Costantinopoli considerunt, in omnibus romanis provinciis dispersi ». Così Niceta Coniate.