— 132 — stabilite dai Sindici e Catasticatori nel Regno di Morea, e che fu composta nel 1689 sotto il dogato di Francesco Morosini. La cura minuziosa nel dare un codice perfezionato al Peloponneso può sembrare essere stata suggerita da speciali ragioni di opportunità politiche, ma non è a credere che tale codice sia una espressione isolata d’una tendenza da poco inaugurata (1). La volontà del legislatore si manifesta diretta a perseguire pochi ma radicali principi: rigida integrale giustizia, aiuto al popolo ed ai più deboli, energica difesa dei poveri e degli stessi condannati da ogni sopruso, celerità dei giudizi, ordine, gerarchia. I Provveditori debbono essere i primi esecutori della legge: debbono « far conoscere che i Rappresentanti la Serenissima Repubblica servono a’ sudditi, essendo il comando una servitù, ma splendida e regale; e Tesser suddito è l’esser libero, e sicuro sotto la tutela del Principe, che l’ha in protezione, il quale ha tutta la cura di preservarlo immune, ed illeso da ogni danno » (Cap. XXVI). A Patrasso ed a Napoli di Romania, vengono inviati, come luoghi di maggior importanza, Reggimenti formati da un Provveditore e due Consiglieri; negli altri luoghi, un Provveditore. Il Provveditore di Napoli, città Capitale del Regno, gode titolo e prerogative per poter concorrere nei gradi del Consiglio dei X. Gli ufficiali veneti sono di diritto subordinati alle « Cariche Superiori », che vengono spedite periodicamente nel Regno; la loro autorità è garantita ed innalzata; essi debbono guadagnarsi il rispetto dei sudditi e vivere con quella « pietà, ch’è solita della Repubblica, e che hanno imbevuto nella Patria » (2). Si proibisce ad essi la mercatura, « nè possino corromper l’integrità e l’indipendenza della giustizia coll’interesse, ch’è tiranno dell’animo ». Sono obbligati ad assistere indifferentemente tutti i sudditi con i quali non debbono essi frammischiarsi « in alcuna co-giunzione spirituale di qualsiasi comparesmo, nè tener parziale confidenza con alcuno ». II senso dello Stato, fulgida espressione della grandezza politica dei veneti, si manifesta purissimo, come nel lontano ’200, dopo quattro secoli, quando si proibiscono erezioni di statue, pitture di armi e stemmi nei pubblici palazzi, dirette a perpetuare la memoria delle opere dei governatori veneziani: solo l’insegna di S. Marco deve dominare sovrana, emblema della Repubblica (3). (1) Dovuto allo studio di Domenico Gritti e Marino Michiel. Un manoscritto, in ottime condizioni, si conserva all’Archivio di Stato di Venezia. (2) Cap. XXXII. (3) Cap. XXXIV. « ...sotto le più severe pene minacciate da tutte le leggi, bastando solo l’insegna di S. Marco, che è quella della Serenissima Repubblica, che n’è l’assoluta ed indipendente padrona ».