— 148 — d’uscita su merci che si indirizzavano altrove fuorché a Venezia. Mentre l’utilità del solco veneziano decadeva, si accresceva il valore delle economie chiuse della terraferma, che un acuto osservatore, Giacomo da Mosto, chiamava il « cor degli Stati » (1). La colonizzazione commerciale languiva. Lo stesso Giacomo da Mosto trovava il Regno di Morea « privo poco meno di tutto il nego tio per il presente sistema del Mondo, per la poca industria dei molti, e per la mendicità dei Popoli ». Ma a questo veneziano d’oltremare non mancava il coraggio di dire la verità e di proporre nuovi rimedi. Egli chiaramente diceva che uno dei massimi mali dell’economia coloniale dipendeva dal-l’obbligo imposto ai commercianti di far capitare le principali mercanzie a Venezia, obbligo questo che annullava i guadagni dei commercianti o ne concedeva loro uno estremamente modesto, Di conseguenza, ciascuno cercava di vendere altrove, ovvero di coltivare, conservando poi i frutti per sè. Egli proponeva, quindi, che fosse concesso di vendere a qualsiasi straniero la metà dei raccolti, con eccezione per l’olio, raddoppiando, per le merci così vendute, il dazio d’uscita. Era questo un temperamento assai sagace alla politica legislativa di accentramento metropolitano, che toglieva però, d’altro lato, un forte margine di guadagno ai sudditi contraenti con gli stranieri. Il Da Mosto considerava tale provvedimento unico mezzo per render florido lo stato economico del Regno, sostenendo egli che dalla libera dispositione dei mercanti ad esitare le merci sarebbe derivata la confluenza del traffico, retto sulla base dell’« utile ». Avrebbe dunque fatto bene la Repubblica a moderare o sfruttare il corso diretto, per altre vie, all’Occidente ? 0 meglio sarebbe stato alimentare un’economia agraria, divenuta una necessità ineluttabile, più chiusa e meno saldata al traffico degli occidentali ? Venezia sapeva quanto meno viva sarebbe divenuta la fidelitas, specialmente di popolazioni rade e disperse, quando fosse mancato un interesse economico. Del resto, le economie territoriali periferiche si facevano assorbenti e preponderanti, ed inevitabilmente si rendeva necessario contrapporre forti gruppi di popoli alimentati dalla terra (2). Adoperare una briglia mediante l’imposizione di fortissimi dazi d’esportazione per le merci dirette fuori della metropoli non costituiva il mezzo più utile nè un rimedio persistente; meglio quindi era (1) Arch. Stato Venezia, Senato, Deliberazioni, 20, filza 143. (2) Alvise Mocenico riferiva nel 1711: «troppo è vicino Tebe, Athene con tutto quel littorale dove li turchi a braccia aperte accolgono chiunque va lavorare quei terreni, ottimi, dandoli a godere per la sola decima, et quella pur anche a discretione ».