— 195 — ma è cosa certa che in questo successivo, sempre più intenso controllo e per parte della metropoli e per parte della città coloniale sta segnato il movimento più importante connesso all’evolversi della legislazione coloniale della Repubblica. È certo mirabile, sotto questo aspetto, l’opera assimilatrice svolta da Venezia nelle città marginali, attuata allo scopo di difendere, col dominio marino, una tra le più formidabili economie dell’Europa. Chi vuole osservare ancora il periodo centrale della colonizzazione di Venezia sotto una visuale economica non si nasconde che attorno alla grande metropoli lavorano i popoli direttamente ed indirettamente; lavorano pulsanti le città marginali, viventi sul predominio cittadino; lavorano le genti della terra che sono uno dei poli dello scambio e pur non sono soggette al dominio politico della Repubblica. Larghi strati di popolazione operano ad alimentare i mezzi atti a sostenere la grande via dell’Oriente, che è la via che sostiene uno scambio intenso tra l’Europa, l’Asia e l’Africa. Il Pacchioni ha affermato che l’impero britannico è il risultato di una vastissima continuata collaborazione. La collaborazione è pure una delle caratteristiche fondamentali del movimento economico veneziano e del dominio veneziano. L’Inghilterra poggia il suo Impero sopra il « vincolo di comuni interessi » : tutti i popoli devono e possono essere utili alla gloria ed alla prosperità di un giardino sterminato che richiede l’opera di ogni cittadino, di ogni suddito; tutti possono operare per la gloria dellTmpero (1). Fin quando però vi sarà per l’Inghilterra moderna questo lavoro utile, che invoca e grida perchè venga compiuto ? Il problema centrale sta proprio forse nel needfull job that's crying to be done di Kipling. La fase dell’autonomia si accompagna all’epoca più fortunata perchè rivela una robusta saldissima catena d’interessi economici : come si fanno deboli però i vincoli tra metropoli e mondo coloniale, quando l’utilità d’un vincolo collaborativo scade ! È l’epoca del controllo armato, cui succede l’epoca dell’indipendenza della colonia. Anche quando si opera col controllo appare problematica la sufficienza delle risorse della metropoli, chiamata ad agire in un campo coloniale sconfinato. L’Inghilterra non è una città, ma una nazione; ma neppure una nazione è sufficiente, in proporzione, e con la sola (1) Il Kipling canta che nell’impero non vi è mano così debole e bianca, cuore così malato, testa così dura e gambe tanto sottili che non possano trovare qualche lavoro utile che invoca d’esser compiuto: lo splendore del giardino imperiale glorifica tutti: « it can find some needfull job that’s crying to be done, « For thè glory of thè garden glorifieth every one ». (The glory of thè garden)