— 105 — dividui staccati, ma doveva essere dominata da un principio che favorisse al massimo una funzione, funzione realizzata appena attraverso una stretta collaborazione tra le varie classi sociali, che, specie nelle terre d’oltremare dovevano sempre esistere. Non era il solo popolo a dare la linfa all’emigrazione veneziana, ma era pure la nobiltà veneta, sveglia ed attiva, sempre ed ovunque alla testa del movimento coloniale, come elemento direttivo, quale strumento d’avanguardia, quale parte essenziale dell’assetto coloniale, dominato da un principio gerarchico (1). La leva coloniale veniva operata nella metropoli per sestieri, ognuno dei quali dava un certo numero di nobili e plebei; ma l’unità del sestiere non si rompeva allorquando la terra veniva divisa tra i colonizzatori, perchè le terre venivano concesse ai sestieri, nell’àmbito dei quali si procedeva poi ad una successiva divisione (2). Il doge di Venezia esige dai coloni la solenne promessa che essi mai concederanno a chiunque, contro il suo divieto e quello dei suoi successori, il libero passaggio; guardie fedeli degli stretti debbono essere i coloni, vigilanti la vena maestra dell’impero veneziano che può chiudere intere economie mondiali, ponendo un perfetto dominio su poche tracce di terra. Contro interdictum nostrum, et successorum nostr. alicui pas-sagium non conceditis, aveva detto infatti il grande doge Pietro Ziani inaugurando una politica economica, seguita dai più potenti imperi dell’epoca moderna; ma pure ogni margine marino, e non di Candia solo, di Negroponte o dello stretto dei Dardanelli, era oggetto d’un interesse altissimo per parte di Venezia, le cui flotte veliche dovevano trovare appoggi e risorse in molti luoghi per imprescindibili esigenze tecniche di navigazione. Creta era la Gibilterra del ’200, la « forza e la saldezza dell’impero »; il porto di Candia, ne era come l’anima (3). Un interesse immediato sospinge Venezia a porre un saldo piede sull’isola che vigila verso l’Egeo, verso l’Jonio ed il Mediterraneo orientale: una viva necessità d’intervento territoriale sovrasta. Praticamente l’interesse economico veneto è però tutelato contro (1) « ...Nobiles Cives equites, et plebeios pedites decretnm est Cretam transmittere »: così il Dandolo. (2) La formula della divisione è questa: « ... (località, ecc.) ...è del Sestier de... Fu capo e partidor il... per divider e dar a cadauno del detto Sestier la sua parte ». Pietro Ziani, nel 1211, assegna una parte del territorio al Comune dicendo: « reliquum vero totius Insulae sit vestri juris, ita tamen quod unusquisque miles ex vobis sex partes possideat, et quilibet peditus habeat unam partem tantnm ». (3) Così una tarda ambasceria del 1462, conservata nell’Archivio di Stato di Venezia (Duca di Candia, b. 50): « Quoniam portus Candide est quasi anima...» « pertinet insuper magnopere ad refugium navium ac galearum... quotiescumque accident in par-tibus Orientalibus navigare quod semper contigit ».