— 119 — dere come le classi che risentono più utilità dall’assetto comunale siano quelle più antiche, le quali cercano di mantenere il loro predominio. Ma non bisogna credere che l’economia cittadina si chiuda e non subisca l’utilità, per amore o per forza, della rinascente economia territoriale. Vi è un altro equilibrio, piuttosto; si raggiunge, con un criterio più aperto, un altro equilibrio, che ha un ciclo d’esistenza, tra due economie, proprio quando, specialmente nel ’500, si vive in un’epoca dominata da una nobiltà che non è frolla, che non si stacca dalla vita mutevole di ogni giorno e che tiene i fili conduttori della potenza oltremarina veneziana. Quel mutamento verso un nuovo assetto economico, che più innanzi abbiamo notato, avvenuto per l’opera del doge Francesco Foscari, può meravigliare, tanto è antitradizionale e tanto è audace; ma la scienza economica e quella demografica odierna dànno piena giustificazione a questo passo così decisivo della Repubblica, posta necessariamente di fronte alla conquista della terra. Gli uomini attivi possiedono la virtù di sapersi proporzionare, e tanto più questa virtù possiede l’uomo coloniale che deve special-mente adattarsi alle più svariate circostanze economiche che mutano nei luoghi e col tempo. Non un veneziano, dunque, dobbiamo raffigurarci, chiuso nelle mura della città d’oltremare che per lui diventi una torre d’avorio, bensì un veneziano, legato all’economia cittadina, ma capace di comprendere il mutare delle situazioni. Colui che vive indipendentemente nell’economia territoriale non soggiacendo all’economia cittadina è un nemico di Venezia; e nemico di Venezia è pure colui che pacificamente lede il monopolio di alcuni pregiati beni, quel monopolio dapprima naturale, corazzato, più tardi, con provvedimenti atti a difendere la floridezza economica veneziana sui mari del Levante (1). La base di una affermazione cittadina è innanzi tutto l’esistenza di una concordia cittadina, concordia che fu un vanto ed un persistente carattere della vita di Venezia. Il sigillo impresso dalla Repubblica lungo i mari ha infatti questa impronta, impronta di concordia che è il fondamento da cui prendono sviluppo il procedere, la resistenza ed il sicuro affermarsi dell’asseiio cittadino, diretto al dominio regionale, forte nel ’400, ma pur energico nel ’500 e nel (1) Tale fase ha un riflesso singolare, a mio avviso, il quale si ripete nel famoso Atto di navigazione inglese. L’Atto di navigazione, come è noto, nonostante quanto diffusamente è stato opposto, non conteneva alcuna clausola implicante un vero monopolio. Solo nel 1660 il Parlamento-convenzione lo mutava in maniera tale da diventare strumento di monopolio; quando cioè non bastavano più provvedimenti intesi a promuovere 1 affermazione coloniale, ma bisognava apprestare mezzi difensivi più energici per serbare al dominio metropolitano il reddito coloniale.