— 178 — mento dell’economia indigena (opposta). Chi può, in via assoluta, escludere che l’azione possa venire perseguita, e dire non esservi dei margini, magari impercettibili, sui quali l’opera di perfezionamento spesa in prò’ dello scambio non possa esser più continuata? L’interesse, qui esaminato, che si risolve nel voler continuare il tipo di colonizzazione vivificata dallo scambio in relazione a concrete possibilità, porta alla conseguenza che il funzionamento attivo della societas indigena non possa essere trascurato dallo Stato colonizzatore. Il controllo è in funzione della concorrenza; il voler perseguire lo scambio modera tale controllo ed esige pur sempre l’esistenza d’un retto e sciolto funzionamento della società indigena. Non si deve trascurare un anello che costituisce un mezzo il quale può dare ancora risultati ottimi avvincendo le due società; il controllo rigido e severo, in fondo, è sempre moderato da questa tendenza che è un portato della colonizzazione commerciale o di scambio. Dopo quanto si è detto, si comprende perchè il controllo, in mancanza di scambio, si intensifichi; l’interesse alla perfezione della amministrazione indigena è subordinato all’interesse ed alla possibilità dello Stato colonizzatore di far svolgere un indirizzo economico opposto alla societas indigena. In mancanza, inesorabilmente il controllo ex alto si rende più grave e preme sulla libertà economica e politica dell’indigeno, il quale è tratto a svolgere un’attività concorrente (1). 3. — Ove l’industria metropolitana importata in colonia ha piantato radici profonde, col progressivo svilupparsi del fenomeno di scambio, il nucleo metropolitano forma attorno a sè un cerchio di indigeni che vivono legati alla vita economica del colono europeo. Essi indigeni operano attorno al caposaldo coloniale e vivono economicamente della sua vita. Sfruttare la similitudine di vita economica è un mezzo per moderare la corsa all’equilibrio, per potenziare ed innalzare il nucleo industriale nella colonia, per fortificare un predominio. (1) Grave errore sarebbe un’amministrazione « negativa ». La perfezione delle leggi e la loro applicazione retta ed equilibrata portano vantaggi incalcolabili nell'àmbito delle società indigene e sono un elemento di civiltà, su cui poggia la stessa potenza dello Stato metropolitano. Una buona amministrazione costituisce sempre una forza per lo Stato colonizzatore, anche se apparentemente essa sia un elemento diretto a potenziare la società indigena. Reggere i popoli significa guidarli ed esercitare funzione di capi. L’amministrare giustizia è, direi, una funzione economica di primo ordine per le società indigene staccate e frazionate.