— 72 — laborazione; e, se a ciò si aggiunge la scarsità dei capitali mobiliari (beni in quanto sono il risultato di un intenso lavoro), si comprende ancora quanto celere, agile, vivace, sereno potesse apparire questo lavoro abilmente diretto non da intermediari che amministravano capitali altrui, ma da coloro che, lavoratori, creavano il capitale soprattutto per se stessi (1). Nella fase ascendente dell’economia veneziana non agisce infatti un rilevante disquilibrio economico tra i membri di una società; domina invece una gerarchia di capacità, non una gerarchia capitalistica che sorge seguendo pari passo i risultati e gli effetti della capacità e del valore dell’uomo; insomma ciascuno contribuisce alla prosperità dell’azienda portando un massimo contributo che supera lo stesso capitale: portando cioè il capitale costituito dal lavoro umano (2). (1) I primi banchieri infatti sono i più ricchi mercanti che abbandonano, appena in processo di tempo, la loro pura attività mercantile per sfruttare i capitali dati a mutuo ed investiti in operazioni di credito. I banchi privati di Venezia seguono di pari passo la grandezza commerciale della Repubblica. Con lo svilimento però del danaro durante il secolo XV — prodotto sia dall’aumento della popolazione territoriale (aumento che svilisce il valore del lavoro ed in genere delle ricchezze mobiliari), sia dal fenomeno della saturazione europea — l’impiego dei capitali non rende che in proporzione assai limitata; in genere tutta l’attività bancaria subisce un tracollo al quale, come può, pone riparo lo Stato. Nel 1445 i banchieri vengono obbligati a dare cauzione di 20.000 ducati, cauzione che si accresce, nel 1523, a 25.000. Nel 1587 si ordina definitivamente l’istituzione del Banco di Rialto con carattere statale e governato da un banchiere nominato in seguito a concorso e pagato dalla Repubblica. A comprendere meglio lo sviluppo enorme dell’attività bancaria veneziana possiamo ricordare come Tomaso Contarini, nella sua orazione al Senato del 28 dicembre 1584, affermasse che, fino al suo tempo, ben 103 banchi erano stati fondati a Venezia. I fallimenti che si verificano nel secolo XV, alcuni dei quali gravissimi [Fall. Soranzo (1453), Venier (1473), Garzoni (1499), Lipomano (1499), Agostini (1499)], hanno ripercussioni internazionali. Il banco Lipomano pare avesse 12Í8 creditori ; la caduta ha effetti enormi in Germania e sui mercati tedeschi; impressione profonda suscita la notizia del fallimento a Lione mentre si arrestano le partenze delle galee veneziane (cfr. Manzini, op. cit. in Bibl.). Ma anche la pagina della decadenza economica veneziana ci può dimostrare l’importanza internazionale delle aziende bancarie veneziane che sostenevano in Europa catene d’interessi del più alto valore. (2) A mio avviso, sotto questo profilo, da questo fenomeno di natura privata meglio si scorge la genesi dell’assetto di moderata eguaglianza economica e quindi giuridica che agisce nella legislazione dei Comuni italiani. Tale moderata eguaglianza tra cittadini di uno stesso Comune rappresenta il corrispettivo del loro valore, in quanto essi apportano il bene del lavoro, bene che necessariamente influisce sulla costituzione comunale, forgiata, quindi, nei riflessi di coloro che primi sì accentrano, secondo un indirizzo assai favorevole ad essi. La genesi storico-economica della libertà giuridica italiana, che raggiunge l’epoca odierna, sta segnata in questo primissimo moto accentratore che plasma i primi patti della libertà, seguendo tale processo economico interessantissimo per il suo chiaro ed equilibrato indirizzo. Il Volpe ha pure messo in rilievo come la « libertas » comunale abbia, essenzialmente, un tipico significato economico.