compreda predetta, si potesse impiegar nella restauratione di questo luoco, non solo aperto da molte fissure ma che anco minaccia rovina, et particolarmente per far fare una pala, mi pareria che l’opera fosse molto pia e degna, rimettendomi però a quanto sarà giudicato dalla somma prudenza di Vostra Serenità » (4). Il senato acconsentì anche a questa nuova domanda (5) ma il lavoro proposto non fu compiuto dal Foscarini, cosicché il nuovo bailo Alvise Contarmi chiese per sé conferma di far eseguire i lavori occorrenti per la cappella, e nello stesso tempo fece presente la necessità che fosse restaurato tanto il ballatoio, il quale — come abbiamo già accennato — circondava la casa bailaggia, quanto la casetta in legno dei portalettere (6), lavori tutti che furono approvati dal senato (7). Successive preoccupazioni politiche e specialmente la guerra di Candia dovettero far trascurare tutte le questioni concernenti il palazzo. La repubblica fu tuttavia obbligata di occuparsi di esso durante il corso di detta guerra, avendo il proprietario fatto conoscere nel 1650 per mezzo di Giovanni So-ranzo, già bailo a Costantinopoli, la sua intenzione di vendere la casa bailaggia. Proprietario era a quell’epoca Sebastiano Saivago, figliuolo di un defunto dragomanno della repubblica (8), ma alla casa era interessata anche una sua cugina, la quale doveva essere la Gioia o Giorgia Saivago che apparirà più innanzi come proprietaria a sua volta della casa (9). Nella sua lettera del 12 dicembre 1650, il Saivago, dopo di essersi rallegrato per il felice ritorno in patria del Soranzo ed aver enumerato i vari debiti che lo opprimevano, i quali ammontavano complessivamente a 3040 reali e si accrescevano continuamente a causa degli interessi, soggiungeva: «Supplico l’Ecc.za Vostra Ill.ma di compiacersi di rapresentar alla Ser.ma Rep.ca come mi trovo molto angustiato, et che però la casa grande dove habitavan li Ecc.mi Baili, io per liberarmi son sforzato di venderla in tutti modi, che non posso fare de manco. Se per servitio delli Ecc.ni Baili la Ser.ma Rep.ca si compiace comprarla, sia col nome di Dio, altrimente supplico l’Ecc.23 Vostra Ill.ma di farmi la gratia d’avisarmi d’esser libera la mia volontà per poter detta casa vendere a chi mi piace, per potermi solevar e non morir come il Ferareso misero in una prigione. Dall’altra parte vado tolendo denari con interesse a spender da viver et da vestirme, che non ho cosa alcuna da mantegnirme. Dio è testimonio quanta grande necessità che ho. La casa così l’hanno stimata sei mille reali al manco, e con questo me liberarò. Dall’Ecc.“ Vostra Ill.ma aspetto l’honor dell’aviso presto, supplicandola iscusarmi di quanto riverentemente le partecipo, condonando la forza che mi sprona del debito, perchè certo non voglio morire in una priggione » (10). Il Soranzo comunicò al doge la lettera del Saivago, spiegando che questi, « rampollo di casa tanto benemerita », era stato gravemente danneggiato dalla perfidia di varie persone e 149