tario a scriver a Venezia delli ritratti delli Signori Ottomani, e di qualche Bassà ancora, e che intendeva che se ne trovavan certo a Venetia di quelli di questi Signori, mostrando gran desiderio di haverli, il che essendo fatto intender et al secretario et a me dal detto Rabi, diedi ordine ad un giovane veronese, che si trova qui meco in casa, che si sforzasse di far la effigie del presente serenissimo Signor, si come ha fatto. E così proveduto di un fornimento conveniente, e postala in una borsa d’oro, la mandai ad esso magnifico Bassà per il medesimo secretario, et insieme per Orembei, il qual havendo veduto prima il detto ritratto et essendosene molto compiaciuto, volse esso portar questa nova a Sua Ma-gnificentia, e dimandar quando si haveva da portargliela ; la qual rispose allegramente che se le portasse la mattina susseguente. Il qual ritratto veduto da lei mostrò di restarne molto satisfatta, e con molto piacere, che possi esser venuto fatto al pittore di farlo tanto simile al naturale. E voltatasi al suo Casnadar Bassi, e dicendo: « ben bene », lo tolse; e per quanto ho poi hoggi inteso l’ha mandato al serenissimo Gran Signor nella medesima borsa, e glielo ha mandato come cosa havuta da me. Et ha affermato Sua Magnificentia publicamente che li sarà gratissimo. Quanto al desiderio delli ritratti di questi altri Signori, mostrandolo ella grande, credo che sarà benissimo a satisfarla, potendosi. Io vidi altre volte nella casa di Titiano, fra le reliquie delle sue pitture, un ritratto di Solimano a cavallo in una tela vecchia e negletta, che si potrà haver facilmente, et intendo eh’ è molto simile. Quella di Sultan Selim potrà haver alcun delli clarissimi precessori, e si potrà mandarmi la copia qui, fatta di bona mano. Se qualchun’altra anche si potesse haver, sarà carissima. Et quanto alli Signori più vecchi, si faranno qui d’aviso, si come par anche che si contenti il magnifico Bassà, pur che li due o tre ultimi, che sono stati conosciuti da alcuni di quei che vivono, siano simili ai naturali. Vostra Serenità sia certa che con poca cosa darà gran satisfattione a Sua Magnificentia et, per quello ch’io credo, maggior a questo Signor ad instanza del quale io tengo per fermo che siano ricercati con tanta instantia ». Il senato informò il bailo nel gennaio che i ritratti dei sultani si stavano preparando e sarebbero stati mandati assieme ad altri oggetti chiesti dal pascià (delib. 16 gennaio 1578 m. v.). (41) Anche durante questa guerra i turchi penetrarono fino nel Friuli, ove era provveditore l’ex ambasciatore Andrea Zancani che, accusato di negligenza, fu poi processato e relegato per qualche tempo a Padova (Malipiero, Annali Veneti già cit., p. 167, 185, 190; Sanuto, IV, 327). (42) « Corfù è la porta de Italia», notava l’amb. Zancani nel 1499 (Sanuto, II, 696): concetto questo che è frequentemente ripetuto nelle successive relazioni degli ambasciatori e baili veneti. (43) Sulla discussione avvenuta nel Consiglio dei Dieci nel 1504, e sugli accenni al taglio dell'istmo fatti anche in epoche successive, cfr. R. Fulin, Il canale di Suez e la repubblica di Venezia in « Arch. Veneto », T. II, parte I, Venezia, 1871. Anche il Sanuto ha un accenno che sembra possa riferirsi al progetto del taglio dell’istmo di Suez quando menziona l’arrivo a Costantinopoli di tale maestro Bernardo, napoletano, costruttore di mappamondi (Sanuto, XLIX, 581). Sulla storia del commercio veneto in Levante nel Medioevo, cfr. la classica opera già cit. di G. Heyd. Per le impressioni e ripercussioni causate dalla scoperta dell’ India, offre particolare interesse il prezioso diario del contemporaneo Girolamo Priuli. Questi, colla sua pratica della mercatura, fu uno dei primi a valutare subito tutta la gravità della scoperta portoghese per gli interessi del commercio veneziano (cfr. Fulin, Diarii e diaristi veneziani, già cit., p. 137 segg.). (44) Cfr. i codd. contenenti gli elenchi degli ambasciatori da noi cit. nellAppendice, a seguito dell’elenco dei baili, n. 1. Accenni alla prigionia del bailo e dei mercanti, ed al supplizio di numerosi veneziani, sono fatti anche dal fiorentino Benedetto Dei, che si trovava allora in Turchia (M. Pisani, op. cit., p. 93). Qualche maggior particolare è contenuto nella lettera contro i veneziani conservata tra le cronache del Dei nell'Arch. di Stato di Firenze, cod. 119, c. 59 segg. In essa il Dei afferma che il bailo fu strangolato, mentre i codd. suddetti si limitano a dire che il Barbarigo morì dopo pochi mesi di prigionia, nel 1463. Ma queste affermazioni appaiono contraddette da una delib. del senato [Secreta), in data 10 maggio 1465, dalla quale risulta che il Barbarigo era stato liberato sul principio di quell’anno. Dalla lettera del Dei si rileva anche il nome di alcuni mercanti veneti che verso quell’epoca si trovavano in Levante e precisamente: Jacopo Barbarigo, Girolamo Michieli, Ambrogio Contarini, Francesco Michieli, Catarino Contarini, Benedetto Michieli, Gabriele Contarini, Pietro Michieli, Pantaleone Zorzi, Nicolò Michieli, Alvise Fagiuoli, Girolamo Michieli il piccolo, Giov. da Molino, Zanzone, Pietro e Paolo Ogniben, Nicolò Pizzamano, Alvise e Giov. dei Rossi, Paolo Malombra e due de’ Cagnuoli. Il Dei menziona tra gli arrestati Jacopo Barbarigo e Girolamo Michieli, e ricorda che Alvise Fagioli « fu fatto morire e dato per pasto mangiare a liofante del Granturcho ». 72