costruzione del magazzino da fuoco (disp. Renier 17 settembre 1771, n. io, con allegate due perizie di Giorgiachi «calia»; 3 marzo, 17 giugno, con allegata nuova perizia del Giorgiachi e di Costan-tin Chierestesi, muratori, e 3 ottobre 1772, n. 26, 34 e 42, tutti nella F. 215). Nel 1771 era stata restaurata la cappella a cura del bailo G. A. Giustinian (disp. 17 giugno 1771, n. 136, F. 214). (69) Il Renier fu eletto doge il 14 gennaio 1779. Egli aveva coperto numerose ed importanti cariche pubbliche, era stato anche ambasciatore a Vienna ed era noto per l’intelligenza, la dottrina e l’eloquenza ma anche per l’ambizione ed il poco scrupolo nella scelta dei mezzi per giungere al successo. In occasione della sua elezione a doge, per la quale ebbe concorrente Andrea Tron, non mancarono accuse di corruzione, come non erano mancate accuse di arricchimento durante la sua missione in Turchia. L’elezione fu accolta da una parte della popolazione con ostilità, che durò fino alla sua morte avvenuta a 78 anni, il 18 gennaio 1789, dopo dieci anni di principato durante il quale venne portato a termine il grandioso lavoro dei « murazzi » a protezione della laguna contro il mare (Romanin, Vili, 239 segg., 300 ; G. Damerini, La vita avventurosa di Caterina Dolfin Tron, Milano, 1929, p. 234 segg.). Nel corso del soggiorno a Costantinopoli il Renier era stato nominato ambasciatore straordinario, con decreto del senato 7 maggio 1774, in occasione dell’assunzione al trono di Abdul Hamid I. (70) La stampa che pubblichiamo (fig. 146), che fu disegnata da J. B. Hilair (compagno di viaggio del conte di Choiseul-Gouffier nella sua crociera in Levante del 1776), ci mostra, dietro l’ambasciata di Francia, il palazzo di Venezia quale era dopo il restauro del Renier e prima di quello del Memmo, di cui tratteremo in innanzi : per quanto parziale sia la rappresentazione del palazzo contenuta in tale incisione, essa prova che l’edificio era rimasto identico a quello del 1754, dopo il restauro del Diedo. Il palazzo è menzionato nel 1778 dal viaggiatore svedese Bjornstahl: in esso risiedeva allora il Memmo, appena giunto a Costantinopoli. Dopo aver parlato dei palazzi di Svezia, Francia ed Olanda, il viaggiatore scrive : « Der venedigsche Palast ist ebenfalls von Holz, liegt am niedrigsten von alien, hat doch aber eine ziemlich angenehme Aussicht nach der Landspitze, dem Serail, dem Meere von Marmora und den Inseln ». A differenza delle rappresentanze predette, che possedevano un palazzo proprio, le altre (Inghilterra, Impero, Russia, Napoli, Prussia, Danimarca) risiedevano allora in case d’affitto (Jacob Jonas Bjornstahl, Briefe ecc., IV, Rostock e Lipsia, 1781, p. 207 segg.). (71) Disp. Memmo 17 settembre 1778, n. 5, F. 220. (72) Il Memmo apparteneva a famiglia non ricca: «sto male al solito in danari», scrive egli in una lettera del 1783, ritornello che ricorre sovente nella sua corrispondenza privata. Egli fu amico del Goldoni e del Casanova ed amante di due donne famose, Giustiniana Wynne e Conta-rina Barbarigo. Prima di recarsi a Costantinopoli era stato provveditore a Padova e si era fatto iniziatore colà della costruzione del Prato della Valle, ove una statua ancora lo ricorda. Dopo la missione in Turchia fu nominato ambasciatore a Roma ed infine eletto procuratore di S. Marco alla morte di Andrea Tron. Egli mostrò sempre vivo interesse a problemi di architettura. Morì nel 1793 di cancro ad un piede. Su di lui cfr. A. Neumayr, Illustrazione del Prato della Valle, già cit., p. 20X segg.; P. Molmenti, Un Nobil Huomo veneziano del sec. XVIII, in Epistolari veneziani, nella «Collezione Settecentesca» Sandron diretta da S. Di Giacomo, 1914, p. 127 segg., e dello stesso Carteggi casanoviani, I (p. 178 segg., lettere del Memmo al Casanova), e II (p. 359 segg., lettere del Memmo al Galiani), ambedue nella predetta Collezione; B. Brunelli, Un’amica di Casanova [Giustiniana Wynne], pure nella Collezione suddetta (1924) ; G. Ortolani, L’amore di Giustiniana Wynne, in Voci e visioni del settecento veneziano, Bologna (1926), p. 249 segg., e le altre opere cit. da questi autori. Un’ incisione di G. B. Piranesi, riprodotta dal Molmenti (Carteggi casanoviani, I), rappresenta il Prato della Valle secondo il progetto del Memmo. L’abate Domenico Sestini dedicò a questo bailo il T. V delle sue Lettere scritte dalla Sicilia e dalla Turchia a diversi suoi amici in Toscana, Livorno, 1782. Alcuni anni dopo la missione in Turchia, mentre era ambasciatore a Roma, il Memmo chiedeva notizie, in una lettera privata in data 9 agosto 1783, delle amiche e degli amici lasciati a Costantinopoli: « Dittemi — egli scriveva — cosa sia della bella Teresina Timoni, cosa della'mia bella Sacchini, che lasciai sì mal volentieri e che avrei gratto che sapesse che mi ricordo di lei, e che mi piacerebbe d’avere il suo ritratto, ch’io a voi pagherei. Cos’è della povera Russ ( ?), cos’è 343