metà del ’600, e che nei documenti veneziani è sovente menzionata come corrispondente alle monete predette l19). I baili ritenevano che anche in origine la casa avesse appartenuto alla famiglia Saivago ed il canone d’affitto fosse stato eguale. Ricapitolando la storia del palazzo, il bailo Dolfin scriveva infatti nel 1728 : « La Ser.ma Repubblica desiderando provedere di commodo e decente abitatione li proprij Baili, scielse ne secoli più remoti quel pezzo di terreno sopr’il quale è piantato il Bailaggio, e stabilì [credesi] con gl’auttori della famiglia Salvagia, per essere la prima che comparisca descritta ne publici registri, contratto d’annua contributione di piastre 200 » (20). II nome Saivago, di evidente origine genovese, doveva appartenere a famiglia trasportatasi a Galata probabilmente quando questa era ancora sottoposta al dominio della repubblica di Genova. Come risulta dagli elenchi pubblicati in appendice al nostro studio, vari membri di tale famiglia furono di padre in figlio al servizio dei baili in qualità di dragomanni nel sec. XVI e nella prima metà del sec. XVII, a cominciare da quel Gianesino che fu assunto in servizio da F. Bernardo (1530-1531) e che è menzionato tra l’altro anche all’epoca di Stefano Tiepolo: questo Gianesino potrebbe anzi essere stato il primo proprietario della casa, che egli avrebbe così messa a disposizione del Tiepolo e degli altri rappresentanti veneti (21). In modo analogo, come vedremo in seguito, i dragomanni veneti Navone avevano l’abitudine di cedere la loro casa al bailo uscente fino al momento del suo imbarco per Venezia, dopo che il nuovo bailo era giunto a Costantinopoli ed aveva preso possesso del palazzo. Ci mancano però precise notizie sulla casa e le altre condizioni dell’affittanza all’origine dell’occupazione veneziana. « Nella scarsezza delle memorie — scrive il bailo Angelo Emo nel 1731 — oltrecchè manca assolutamente il primo contratto di affittanza, che non si sa se temporanea o perpetua, meno possono ben accertarsi i termini del medesimo recinto, notabilmente ristretti, per quanto viene asserito, dalle usurpazioni dei vicini » (22). Sembra però che essa avesse la porta maestra del lato meridionale, verso il borgo di Galata che costituiva allora il centro degli europei di Costantinopoli ; solo più tardi, coll’aumentare della popolazione sulla collina di Pera, l’ingresso settentrionale, che prima aveva carattere secondario, divenne e rimase il principale. La suddetta porta maestra è ricordata, come vedremo, sulla fine del secolo quando, dopo essere stata chiusa per alcuni anni, fu fatta riaprire dal bailo Venier. La casa doveva essere piuttosto semplice, a somiglianza di quasi tutte le costruzioni che sorgevano qua e là fra i vigneti ed i giardini di quella zona ; secondo ci dicono i documenti dei secoli successivi, essa era fabbricata in gran 89