(ls) Una traduzione del contratto passato tra la Saivago e Mustafà Celebì nel mese di ramazan dell’anno 1077 dell’ègira (febbraio-marzo 1666) è allegato al disp. Querini 11 giugno 1672, n. 42-2°, F. 156. (19) Disp. 22 febbraio 1672 (m. c.), n. 19-30, F. 156. (20) « Hogget », ossia contratto. (21) Disp. 11 giugno 1672, n. 42-20, F. 156. Al dispaccio è annessa la traduzione del contratto tra la Saivago e Mustafà Celebì del 1666 già cit. e quella del contratto tra essa ed il bailo: quest’ultimo è riprodotto nell’Appendice (doc. n. 1). L’atto di estinzione dell’ipoteca di Mustafà Celebì, redatto il 13 della luna di Seffer l’anno 1083 dell'ègira, ossia il 10 giugno 1672, si trova nell’Arch. proprio del Bailo, B. 297, presso l’Arch. di Stato di Venezia. L’ipoteca del bailo sulla casa è confermata da un documento del 20 giugno 1672, del seguente tenore: «Noi Giacomo Querini Kav.r per la Ser.ma Rep.ca di Venetia etc. Bailo alla Porta Ottomana — Havendo noi esborsato per nome della Ser.ma Rep.ca di Venetia alla Sig.ra Gioia figlia di Zuria Salvagia, habitante nella contrada di Dumdun, Leoni 800, per questi s’è chiamata nostra liquida debitrice e s’ha impoticata la sua sua casa al presente da noi habitata, sin tanto che con la restitutione delli sudetti Leoni 800 effettivi resti disobligata » (all. in copia al disp. del bailo F. Gritti 9 maggio 1724, n. 30, F. 177). (22) Disp. Querini 4 ottobre 1672, n. 63, F. 156, e conto allegato al disp. Gritti 9 maggio 1724 sopra cit. (28) Disp. Querini 1 luglio 1672, n. 46, F. 156. (21) Disp. Gritti 9 maggio 1724 già cit., e conto allegato; cfr. anche Arch. proprio del Bailo, B. 297. (26) Il marchese di Nointel. (26) Disp. Querini 4 ottobre 1672.. n. 63, F. 156. (27) Scopo dell’acquisto era di evitare che tali casette, il cui valore era calcolato in circa 1300 reali, venissero in possesso dell’ambasciata di Francia, ciò che avrebbe dato luogo ad una pericolosa promiscuità tra il personale delle due rappresentanze. Dai dispacci del Querini si rileva che i residenti di Olanda e di Genova avevano pure acquistato le case da essi occupate (disp. Querini 29 gennaio e 3 luglio 1675, n. 139 e 154, F. 158; disp. G. Morosini 20 novembre 1675, n. 11, F. 159; delib. 6 aprile e 10 agosto 1675, e 15 gennaio 1676 m. c.). (2S) Disp. Morosini 20 novembre 1675, e delib. 15 gennaio 1676 (m. c.), già cit.; disp. Donà 15 settembre 1681, n. 18, F. 162. Il Donà fece pure rifare le scale ed i pavimenti e rappresentò la necessità di riparare il tetto ed il pavimento del portico dove stavano il segretario ed i giovani di lingua, che minacciava di cadere nella cantina sottostante, e di rifare la camera dei giannizzeri ed il recinto che chiudeva l’abitazione dei portalettere, per impedire che questi ultimi uscissero di notte. (29) Questa casa doveva trovarsi presso la Strada del Bailo che dalla Strada di Pera conduceva al palazzo, come si rileva dalla descrizione della partenza del bailo Civran (Benetti-Pazzagjlia, II, 14 segg.). (30) Benetti-Pazzaglia, I, 225 segg. Tra i personaggi consultati dal Donà prima di iniziare il viaggio, per avere notizie ed impressioni utili per la sua missione, vi era stato anche il viaggiatore italiano Cornelio Magni, che avremo presto occasione di menzionare, il quale gli aveva fatto omaggio di una copia dell’opera contenente le sue interessanti lettere dal Levante. (31) I giudizi dei viaggiatori sulle abitazioni di Costantinopoli corrispondono anche in questo secolo a quelli che abbiamo riportato nel capitolo precedente. Ci limiteremo a riprodurre quelli del viaggiatore romano Della Valle e del Benetti. « Le fabbriche — scrive il primo — pur sono bruttissime per lo più e di vii materia, perchè gran parte son di legno, particolarmente le botteghe e le strade dove si vendono robe che chiamano Bazari ; e le altre migliori son di legno e terra : di modo che, quando si fabbricano, si fa prima l’ossatura di legno, appunto nel modo che si fanno quelle delle navi; il che fatto, prima d’ogni altra cosa si fa il tetto, per riparar la pioggia, acciocché il resto della fabbrica, che è di materia fievole, all’acqua non patisca: e poi tra legno e legno dell’ossatura si tirano a pezzi le mura di terra che sono anche di pochissima durata » (p. 22 seg.). La struttura delle case — racconta a sua volta il Benetti — « consiste in una tessitura di travamenti, incrociati come un graticcio, e i loro fori ripieni di mattoni cotti al sole, incorporata la terra di paglia o fieno. La facciata di esse al di fuori usano stabilirla con grossa calcina, in cui 232