Contarmi, parlando dell’attività giudiziaria dei baili, notava che «altro non vorrebbono Turchi che levar lor dalle mani il poter giudicare» (B. B., I, 237). (38) La protezione dei Padri di Gerusalemme, costituiva un obbligo fatto dalla repubblica a tutti i baili. Nelle istruzioni per Agostino Nani nel 1600 veniva per es. disposto: «Li reverendi padri del Monasterio del Santissimo Sepolcro nelli loro bisogni per le molestie e disturbi, che alcuna volta hanno patito, sono per ordine nostro stati favoriti sempre dalli baili nostri a quella Porta ; il simile volemo che con opportunità sia da te eseguito nelle occorrenze loro, secondo che sarai ricercato, sì che possano quietamente servire Sua Divina Maestà in quel santissimo luogo ». Analoghe istruzioni venivano impartite all’ambasciatore Giovanni Mocenigo nel 1604 (cfr. B. B., I, 21, 54. 319, 33i : II, 55, 113). Fino alla fine del sec. XVI, Venezia esercitò in modo esclusivo il protettorato sui Luoghi Santi, la Custodia di Terra Santa ed i pellegrinaggi (cfr. E. Guerrini, Venezia e la Palestina, a cura del Comune di Venezia [1928]). (39) Ad eccezione dei dragomanni e dei giovani di lingua che avevano la famiglia a Pera, tutto il personale abitava normalmente nella casa bailaggia o nelle sue dipendenze ed era mantenuto a spese della repubblica. La spesa da questa sopportata per il bailaggio era calcolata da Alvise Contarmi nel 1641 in circa 40.000 reali annui, di cui circa 30.000 per il mantenimento del personale ed i presenti ordinari ai ministri e 7000 per gli stipendi delle varie categorie di impiegati. G. Querini dichiarava nel 1676 che nel periodo della sua missione si spendevano circa 10.000 reali per il mantenimento del personale, gli affitti deile case ed i presenti, e 8000 per gli stipendi. Nel 1680 G. Morosini calcolava tutte le spese del bailaggio in circa 25.000 reali annui. Vari baili tenevano a smentire le voci, largamente diffuse, che la repubblica dovesse sopportare eccessivi dispendi per la sua rappresentanza di Costantinopoli. Alvise Contarini osservava tra l’altro che nelle epoche precedenti, quando il commercio era più fiorente, una grande parte di queste spese era fronteggiata con le somme ricavate dal versamento dei diritti consolari (cottimi), e che l’onere della repubblica sarebbe stato anche allora minore se i cottimi fossero stati regolarmente pagati dagli ebrei ed altri sudditi turchi. Egli rilevava inoltre che tali spese, destinate a conservare l’amicizia e la pace col Turco, erano utili e proficue « certo essendo, — egli esclama — che in paragon delle cose di Levante,.... tutti gli altri interessi della Repubblica con qualunque Principe, tutti quelli di Cristianità in generale, d’Italia in particolare, e dirò anche quelli che più da vicino tanto e tanto hanno alla Repubblica costato, non siano altro che ombra e fumo ». Egli notava infine che eguali somme erano spese dalla Francia e dall’Inghilterra, sebbene questi stati avessero minori difficoltà da risolvere o da temere, e tenessero a Costantinopoli una rappresentanza assai meno numerosa di quella veneziana : l’ambasciatore di Francia riceveva 14000 scudi ossia circa 20000 reali di stipendio all’anno e quello d’Inghilterra 12000 reali, oltre ai diritti consolari che spettavano all’uno ed all’altro e che raddoppiavano le predette somme (cfr. B. B., I, 423 seg. ; II, 189, 245 seg.). In Europa trovava largo credito la voce che il bailo ricavasse notevoli vantaggi finanziari dalla sua carica. Alcuni baili però si lamentano, tanto nel ’500 che nel ’6oo, delle grandi spese che dovevano sopportare per mantenere il dovuto decoro alla carica di cui erano investiti. Agostino Nani nota per es. nel 1603 che «la provvisione non supplisce alla spesa che fanno li baili, perchè alcune volte ha pagata la farina fin ducati 10 lo staro veneziano, ed il vino al tempo delle proibizioni un ducato il secchio ». P. Foscarini ricordava a sua volta che nel corso della sua missione aveva dovuto spendere anche del proprio. Dell’alto costo della vita a Pera si era lamentato fin dal 1557 anche l’ambasciatore francese De la Vigne, che scriveva in una lettera privata: «Il faict icy un merveilleux cher vivre, tout y vault plus trois fois qu’en France » (cfr. Magni, I, 225 seg.; B. B., I, 44, II, 64, 101 ; Charrière, II, 396 n.). Circa lo stipendio vero e proprio corrisposto al bailo dalla repubblica, troviamo menzionati 180 zecchini mensili nel sec. XVI e lo stesso nel sec. XVII (pur con l’aggiunta in quest’ultima epoca di altri 40 zecchini mensili pagati con i denari del cottimo) e nel sec. XVIII; l'ambasciatore riceveva invece 200 zecchini al mese nel sec. XVI, 300 nel sec. XVII e 400 nel sec. XVIII. Sulle somme versate al bailo, per vari scopi, prima della sua partenza per Costantinopoli, fornisce alcune informazioni un documento, senza data ma che si ritiene rimonti al sec. XVIII, conservato a Venezia (Arch. di Stato, Savio Cassier, B. 22, B. interna 120). Un decreto del senato in data 16 marzo 1622 proibiva a tutti i membri del bailaggio di fare operazioni di commercio. 235