ccaJïonc cfcjsctfi rema. JiJÒdrfa nudeiiei Jxr f^Arnla^daia. c/ijegtantt'nçpofi a*fô. Jf Jtâ: Ji caüC d laqïcn troncone ¿eciJo Quel ç/îe copri Jt'n fi or ürJoJecTVelC JFlÀd riaco Caton / \AliouMo u/so. (Véne raftl ejun n t u nijucjl'nuidopelo . G»"0 ^ 7 JCméui nie rca! piu chieuû ilJv.JJ C^nSo/o. gl'Occ/n mici : coSi ne/Oc/o Con più fulgidi rai' ¿plaider ¿aiiuiSo Sponifiv d epaefie n un il Dio di De/c quell’abitazione al nuovo bailo Ascanio (detto Giulio) Giusti-nian, ritirandosi a sua volta in una casa privata (u). L’opera più notevole del Soranzo in relazione al palazzo fu l’acquisto da lui fatto nel 1702, per 640 reali, di un breve tratto di terreno attiguo ad esso, su cui sorgeva una modesta costruzione (che fu allora destinata ad accogliere i portalettere, la cui abitazione era andata distrutta durante la guerra), non riuscendo possibile di trovar posto nel bailaggio, ed in alcune casette vicine prese pure in affitto dalla repubblica, per tutto il numeroso personale che faceva parte della rappresentanza veneta a Costantinopoli. Terreno e casupola appartenevano ad un turco che non aveva acconsentito all’affitto, cosicché era stato necessario ricorrere all’acquisto che fu eseguito al nome di Francesco Testa, il quale era proprietario in quell’epoca del palazzo stesso come genero e erede della Saivago, di cui aveva sposato una figlia : il Testa apparteneva a famiglia che aveva dato numerosi servitori alla repubblica ; egli stesso era stato dragomanno del bailaggio fino alla prima guerra di Morea, diventando poi dragomanno di Olanda ; aveva avuto il fratello Bartolomeo dragomanno presso il consolato veneto in Aleppo, e desiderava proprio allora Cosi' dJlijtii/iL,- inulta /'i Jujlic , , Juolnel/'Onda, depor dei jTettipo dscherno ffc !'antiche sue piume :l peJfl indegno (TCk-vW C’ n&ucr non si Con ut tn J Yo ben atlàccrno çfc l 'infnuJtec "Vccc/n'dia /Torrido^egrio „A chi Zpt'oua ne' ita"//merco. ¡1 nome (feer/to À. ntonto SjOr^.etj_ 122 — Sonetto per l’ambasciatore Soranzo relativo all’abitudine dei rappresentanti veneziani di lasciarsi crescere la barba quando si recavano in Turchia. 256