Il Soranzo stesso rimase al suo posto, per quanto sotto sorveglianza, anche dopo l’inizio delle ostilità, avvenuto nel 1645, e servì di tramite per qualche negoziato fra i due governi in lotta. Egli vi era ancora nel 1649 quando fu vittima di un gravissimo incidente. Nell’udienza col gran visir Mehemed avvenuta il 28 aprile di quell’anno, quegli, adirato di non ottenere dal Soranzo comunicazione della cessione dell’isola, lo fece imprigionare col suo seguito. Il bailo, e tutti i veneziani che in quel momento erano con lui, vennero spinti violentemente in una stanza sotterranea dell’edificio nel quale aveva avuto luogo l’udienza, ove ad essi furono posti i ceppi ai piedi, con la minaccia di cinquecento colpi di bastone. Liberati poco dopo dai ceppi, i veneziani furono trascinati, in parte con catene al collo, attraverso la città tra gli insulti della folla: dopo essere passati da Odun Iskelessì, luogo destinato ai supplizi, essi furono condotti a Baluk Bazar, sul Corno d’Oro, ove furono gettati su caicchi e condotti alle prigioni nelle Torri del Mar Nero (Rumelì Hissar) ; nell’imbarcarsi il segretario Ballarino cadde in acqua, ma fu violentemente rimesso sull’imbarcazione. Nello stesso tempo milizie a piedi ed a cavallo si recavano alla casa del Soranzo per arrestare gli altri membri del bailaggio. Alcuni di essi riuscirono però a porsi in salvo, come il segretario Giulio Cesare Alberti ed il coadiutore Pietro Via-nuoli, i quali, con le cifre e le carte più importanti (69), si rifugiarono nella contigua ambasciata di Francia, ove anche numerosi mercanti veneziani avevano cercato rifugio : l’Alberti ed il Vianuoli si tennero colà rinchiusi per tutta la durata dell’incidente, ed inviarono frequenti comunicazioni al senato per tenerlo al corrente della sorte del bailo e dei suoi collaboratori. Nel castello si trovavano arrestati col bailo il segretario Giovanni Battista Ballarino, il ragionato Gregorio Cavanis, i dragomanni Giovanni Antonio Grillo, Cristoforo Tarsia e Pasquale Navone, i giovani di lingua Marco Tarsia, Michele Parada e Domenico Sanguinazzo, il cappellano, il cerusico Girolamo Marchetti ed i servitori del bailo e degli altri funzionari, in tutto ventiquattro persone. Il Soranzo, il Ballarino ed il Grillo furono rinchiusi insieme nella cella di una torre e gli altri, con catene al collo e ceppi ai piedi, in una oscura stanza inferiore. L’odio del visir si appuntò sul dragomanno Grillo, che era da più di quarant’anni al servizio della repubblica e che si volle far ritenere responsabile, di fronte all’opinione pubblica, di aver indebolito con le sue lusinghe di pace i preparativi di guerra turchi. La sera del giorno successivo a quello dell’internamento, il Grillo fu fatto uscire dalla cella col pretesto di conferire col castellano e senz’ altro strangolato (70). Il bailo ed il Ballarino furono in seguito sottoposti a severi interrogatori, nei quali, dopo la morte del Grillo, fungeva da interprete il giovane Marco Tarsia, miranti a strappare confessioni circa l’opera di corruzione che si pretendeva fosse stata esercitata 186