sul precedente gran visir. Su di essi pendevano le più gravi minacce, rese manifeste dalla presenza del carnefice che si dilettava di mostrare ai prigionieri il laccio dall’inferriata della cella ; a ciò si aggiungeva il pericolo di soccombere a malattie, i prigionieri essendo lasciati senza alcuna cura. Coll’appoggio dell’ ambasciatore di Francia Giovanni de la Haye, il bailo potè solo ottenere dopo alcuni giorni il permesso di far uscire dal castello due persone del seguito per provvedere alla custodia della casa bailaggia, che era stata invasa e devastata. La scelta del bailo cadde sul ragionato Cavanis e sul cappellano, i quali constatarono che si era avuto qualche rispetto per le stanze del bailo, che non erano rimaste del tutto spogliate : « Quelle degli altri — riferì tuttavia l’Alberti con dispaccio del 9 maggio — hanno patito in estremo, asseverandomi essi che nelle mie non vi sia rimasto il valsente di un solo quattrino ». Il periodo delle maggiori preoccupazioni durò ventidue giorni ; poi il visir che aveva ordinato l’arresto fu improvvisamente deposto ed inviato in esilio, e poco dopo fatto perire. Il mutamento avvenuto nella carica di gran visir, l’intervento dell’ambasciatore di Francia, che continuava ad interessarsi vivamente a favore dei prigionieri, e le arti del bailo, che era riuscito a stabilire contatti con alcuni alti funzionari della Porta facendo ad essi promesse di ampie ricompense in caso di liberazione, portarono successivamente un leggero miglioramento nella situazione del bailo, che potè ricevere direttamente viveri dall’esterno, e più tardi determinarono la sua liberazione. Il 17 giugno, dopo cinquantun giorni di prigionia, il Soranzo ed il seguito furono fatti uscire dal castello e ricondotti al palazzo, ove però rimasero ancora sottoposti a stretta sorveglianza. Questa situazione si protrasse per un anno finché il 28 maggio 1650 fu, per volontà del sultano, emanato l’ordine che il bailo con i suoi dipendenti, come 190