loro commercio rimaneva ancora superiore a quello delle altre nazioni europee (67). Una particolare insistenza ponevano i rappresentanti veneti nell’indicare il modo che ritenevano migliore per negoziare con la Porta : essi riassumevano così la loro esperienza a profitto dei loro successori (68). Tutti i baili, si può dire, consigliavano di ricorrere al sistema dei doni da farsi alla corte, ai ministri ed ai principali funzionari, e si dilungavano spesso ad indicare a quali persone occorreva fosse rivolta la particolare attenzione del rappresentante, ed il modo, il tempo, la qualità e la quantità dei presenti da offrire <69). Ma si rileva una notevole differenza nel presentare questo consiglio: vi è chi si limita ad insistere, talvolta con molti particolari ed esempi, sopra tale necessità richiesta dalle abitudini della corte ; ma vi è chi, pur essendo d’accordo che a tale sistema si dovesse oculatamente ricorrere, teneva a far osservare che più di tutto occorreva al rappresentante veneto presso la Porta che da parte dei veneziani non fosse offerto motivo di risentimento ai turchi, che le domande del bailo fossero giuste, che il suo agire non fosse basso e timido ma dignitoso e virile, e specialmente che dietro di lui stesse tutta la forza della repubblica, la quale doveva all’uopo mantenersi anche in buona intelligenza con gli altri principi cristiani, specialmente con la Spagna (70). Unanimi sono pure le relazioni nel rilevare la stima altissima che, fra i rappresentanti stranieri a Costantinopoli, godevano i baili presso la Porta (71). Alcune di esse insistono anche sull’importanza della carica del rappresentante veneto in Turchia, importanza che aveva determinato il Maggior Consiglio, con deliberazione del 6 febbraio 1574 (m. v.), a stabilire che le elezioni dei baili dovessero aver luogo cogli stessi modi e condizioni di quelle degli ambasciatori (72). Daniele Barbarigo affermava nel 1564: «Dico dunque che Vostra Serenità, per opinione mia, non dà carico alcuno, nè in la città nè fuori, di maggior importanza e di più gran travaglio a chi lo esercita, di questo ; perchè volendo il bailo far il debito suo non starà mai in ozio, avendo pur troppo da fare a non lasciar far torto alli mercanti, dar udienza alli sudditi, intertenersi con chi gli può far saper cose di nuovo, (che per tal causa non bisognerebbe mai che si partisse di casa), oltre poi l’andar dal magnifico pascià a negoziare le cose importanti, che quante io ne abbia avute, Vostra Serenità lo sa, e io voglio credere che in tre bailaggi non vi sarà tanto da fare come se n’è avuto nel mio, e non per mia causa. Fa bisogno poi ordinar alli turci-mani (73) quello che hanno a fare sì alli pubblici divani, come a quelli del magnifico pascià, con far spedire commissari per Soria ed Alessandria, querelar e difender quanto occorre alla giornata per le cose di Cipro, Candia ed altri luoghi » (74). Il bailo Paolo Contarmi si soffermava nel 1583 sul tenore di vita che 106