la Signoria nostra come di sè medesimi e sono satisfactissimi » Í56). Ciò non toglie che anche la Porta tenesse gli occhi bene aperti sull’attività dello Zen, il quale ebbe ad incontrare varie difficoltà per le sue corrispondenze. Una volta le sue lettere furono trattenute ed egli dovette inviare il segretario per farsele restituire; un’altra volta furono perquisiti nel viaggio i messi che egli inviava a Corfù, donde le lettere venivano rispedite a Venezia; in altra occasione le lettere furono aperte dai turchi ma poi lasciate proseguire : «non è mal l’habi vedute — commenta lo Zen —; pur le cose passano a questo modo». Una volta perfino, lo Zen ricevette da Roma una lettera del patriarca di Aquileia, Grimani, ed Ibrahim, informato di ciò, chiese di poterla leggere: lo Zen si tolse dall’imbarazzante situazione col farne fare un’altra « per la quale exaltava il Signor et Imbrain, et ge la mandò. Gli piacete assai ». Anche lo Zen, come vari baili, si trovò talvolta in qualche difficoltà finanziaria, cosicché pregava insistentemente che venissero pagate le sue tratte (57). Egli si lamentava poi, come avevano fatto anche altri rappresentanti, che le rendite del bailaggio fossero diminuite, e faceva notare che alla sua tavola sedevano ogni giorno da venti a venticinque persone, invece di quindici come avrebbero dovuto essere, che egli teneva cavalli con dieci staffieri e che il suo vestire era sempre decorosissimo. Grandi feste furono fatte a Costantinopoli nell’ottobre 1532 per le vittorie del sultano in Austria. Lo Zen fu invitato dal «bostangì bascì» ad assistervi con lui dalla loggia del serraglio ove infatti si recò, accompagnato da tutti i suoi connazionali, in un bucintoro fatto costruire appositamente dai veneziani (58), fra grande concorso di popolo : smontato al serraglio, fu accolto da salve di artiglierie e ricevuto con molti onori dal «bostangì bascì», il quale tenne a dichiarargli che egli era, di origine, greco di Negroponte ed affezionato alla repubblica. Il «bostangì bascì» ed altri personaggi turchi si recarono poi a vedere la ricca decorazione della casa dello Zen e le feste fatte dai veneziani (59). Come risulta da una lettera privata, tale casa era stata addobbata, in questa occasione, come già nel 1526: «De qui abbiamo fatto tre giorni feste pompose et honorate, et non solum i popoli ma tutti i grandi 21 - M. Lorichs: Gondola del bailo nel Corno d’Oro (sec. XVI). 56