posto mano e che furono approvati dal senato (22). Anche i rappresentanti che succedettero al Ruzzini si preoccuparono delle condizioni della casa bailaggia : essi paventavano in special modo gli inverni eccessivamente piovosi, perchè le acque che cadevano dal tetto o scendevano dall’altura soprastante di S. Maria minacciavano il palazzo nelle fondamenta, come pure le cerimonie che dovevano svolgersi in esso, specialmente al momento dell’ingresso di ogni nuovo bailo, quando si raccoglieva nel palazzo una grande folla d’invitati che poteva metterne in pericolo la stabilità. Tutti dovettero perciò procedere a lavori, ordinari o straordinari, più o meno grandi, come Giovanni Emoi23) e Francesco Gritti. Quest’ultimo avendo accennato nel 1723 alla necessità di un più vasto restauro (24), provocò dalla repubblica una domanda d’informazioni circa la forma ed i titoli dell’occupazione veneziana del palazzo t25), ciò che diede origine ad un importante dispaccio del Gritti (v. Appendice, doc. n. 3) (26). Ma toccò al successore, Daniele Dolfin, di dedicare speciali cure al bai-laggio. Come aveva fatto pochi anni prima il Gritti, anche egli propose alla repubblica sul principio del 1727 un grande restauro, la cui spesa era valutata in 6500 reali (27), per evitare le incessanti, costose ed insufficienti riparazioni parziali. La repubblica si mostrò in massima consenziente, ma ritenne che dovessero anzitutto chiarirsi i rapporti con la famiglia Testa, proprietaria del palazzo. « Riputiamo però prima necessario — rispose il senato al Dolfin — che costà sul luogo siane data notitia, e si appuntino dalla prudenza vostra concerti tali con la famiglia Testa, patrona in parte del fondo, così che fattone dal publico la spesa non s’habbia mai con inconvenienti e non giuste 263