pure i consoli ed i mercanti veneti, abbandonassero il territorio ottomano, decisione che riuscì dolorosissima al Soranzo il quale, nonostante i pericoli che presentava il soggiorno in Turchia, desiderava rimanere a Costantinopoli per poter essere utile alla patria e mantenere contatti con la Porta. Al Soranzo non fu accordato di fare il viaggio, com’ egli desiderava, per la via più sicura del Danubio e di Vienna, temendosi che potesse intrigare contro la Porta: egli dovette recarsi invece a Corfù passando per Salonicco, attraverso tutto il territorio nemico, premuto anche da grandi difficoltà finanziarie ; da Corfù potè infine raggiungere la patria. Al momento di partire da Costantinopoli, il bailo si preoccupava della sorte del palazzo: « questa casa — egli scriveva il 12 giugno — resta al sacco con grandissima quantità di robba », che cercava di porre in salvo almeno in parte imbarcandola su battelli stranieri che si trovavano in porto. Aveva così termine l’eccezionale missione di questo bailo che in un periodo assai difficile, e special-mente nel momento dell’arresto, dimostrò un’esemplare intrepidezza, della quale diede anche prova, con pochissime eccezioni (71), tutto il personale alto e basso che aveva condiviso la sua sorte (72). L’opera di mediazione tra Venezia e la Porta, che era svolta a Costantinopoli dall’ambasciatore francese De la Haye, diede origine sulla fine del 1652 alla missione dell’ambasciatore Giovanni Cappello, il quale era già stato a Costantinopoli come bailo dal 1629 x632. Ma questa missione risultò basata sopra un profondo equivoco: mentre l’ambasciatore francese e la repubblica speravano che la presenza di un autorevole inviato veneto a Costantinopoli e le sue conversazioni con la Porta riuscissero a determinare qualche possibilità di pace, la Porta s’illudeva invece che il Cappello giungesse con precise istruzioni di acconsentire senz’altro alla cessione dell’isola di Candia. Grande 94 - Il dragomanno grande Giov. Antonio Grillo strangolato nel castello di Rumelì Hissar. r3 193