fu permesso ai prigionieri veneziani di tornare in patria. Appena liberato però, il bailo si offriva di assumere subito qualsiasi altro incarico : « E qui prego divotamente la Serenità Vostra, in atto di ossequio il più rispettoso, a dimenticarsi de miei passati disaggi e non rifletter al bisogno, che in me per altro è grandissimo, di riposo e di tranquillità, ma disponere intieramente di mia persona e credere che, quali possano essere le mie comissioni, saranno da me ricevute con soma veneratione et ossequio, come se presentemente entrassi fresco e nuovo al travaglio » (18). E poiché il senato aveva fin dal maggio voluto compensare il bailo per l’intrepidezza mostrata nel difficile frangente col nominarlo Cavaliere di S. Marco, il Memmo, venuto a conoscenza di questa distinzione dopo la sua liberazione, dichiarava: « Ho servito per null’altro che per servire, e più oltre che a questo solo termine non ho portato li miei desiderij. La Serenità Vostra ha voluto profondere sopra di me e casa mia gratie non meritate nè attese. Le custodirò con veneratione, e nell’uso d’esse rinnoverò tutti i giorni l’antico sacro impegno di non amar doppo Dio e non me stesso al pari della mia adoratissima Patria » (19). Durante la guerra, poi, il 31 agosto 1715, perdette la vita a Costantinopoli il dragomanno G. B. Navone, improvvisamente arrestato e subito impiccato per ordine del gran visir sulle Quattro Strade di Pera, a causa di una lettera contenente informazioni politiche spedita su una nave ragusea che era stata catturata dai barbareschi. Secondo il racconto del contemporaneo Olivieri, il Navone affrontò stoicamente il supplizio dicendo ai suoi carnefici: « fate presto di non tormentarmi ». La lapide posta poi sulla sua tomba si conserva tuttora fra quelle murate sul grande monumento commemorativo nel cimitero di Ferikòi a Pera (20). Conclusa la pace, giunse a Costantinopoli, come ambasciatore, Carlo Ruzzini (21) che vi aveva già soggiornato nella stessa qualità tra il 1705 ed il 1706 per confermare i trattati esistenti con la Porta dopo l’elevazione al trono del sultano Ahmed III. Fu questi uno dei più eminenti diplomatici veneziani sulla fine del Seicento ed il principio del Settecento: plenipotenziario al congresso di Carlowitz, mediatore del trattato di Utrecht nella guerra per la successione di Spagna e negoziatore della pace di Passarowitz, egli doveva poi essere elevato al soglio dogale (1732-1735). Nel suo soggiorno a Costantinopoli, fra il 1719 ed il 1720, il Ruzzini non abitò nel palazzo, secondo la consuetudine degli ambasciatori, ma non omise d’interessarsi alla casa bailaggia, che era assai deteriorata « per la solitudine causata in essa dalla guerra e per aver servito d’abitazione per lungo tempo a qualunque genere di persone fra schiavi e liberati » ; egli fece perciò eseguire un ritocco generale, con la spesa di circa 2000 reali, e segnalò alla repubblica, assieme al nuovo bailo G. Emo, gli ulterioxi lavori occorrenti, ai quali erasi frattanto 262