i corrieri ed altri usi simili ; le spese straordinarie venivano pagate volta per volta dalla repubblica, la quale però doveva far fronte anche alle spese ordinarie del bailaggio quando il reddito del cottimo risultava insufficiente. Lorenzo Bernardo notava nel 1592 che il ricavo del cottimo era in aumento ed ammontava a 5000-6000 zecchini all’anno ; egli calcolava che questa somma poteva bastare per gli impiegati del bailaggio e per tutte le spese ordinarie che il bailo doveva incontrare (Alberi, II, 411; III, 443). Sulle varie spese del bailaggio verso la metà del ’500 ci fornisce utili informazioni lo specchietto che pubblichiamo (fig. 48). Una raccolta di decreti, specialmente del sec. XVII, relativi al cottimo, agli schiavi e ad altre materie attinenti al bailaggio è contenuta nei mss. Cicogna, B. 3503, presso il Museo Civico di Venezia. (76) Così viene generalmente chiamato il seguito del rappresentante. (76) Alberi, III, 250. Analogamente si esprime il Bernardo nella sua relazione del 1587: « Una delle principali cause che fanno che il suo Bailo sia ben, e frequentemente avisato d’ogni successo di quelle parti, sono le cortesie che alle volte da lui vengono usate, e l’haver ogn’uno libero adito in casa sua et alla sua tavola. Io ho procurato di tener questo stile nella mia casa per ben servire la Serenità Vostra....» (Bibl. Vat., cod. Barb. lat. n. 5522, c. in v.). Oltre alla relazione del Contarini, si conserva la descrizione del suo viaggio a Costantinopoli (cfr. Diario del viaggio da Venezia a Cost. di M. Paolo Contarini che andava bailo per la Rep. Ven. alla Porta ottomana nel 1580, Venezia, 1856, per nozze Grimani-Fracanzani). A proposito di banchetti si può ricordare che verso la fine del suo regno il sultano Solimano vietò l'uso del vino: « E perciò — notava il bailo Daniele Barbarigo — ancor patiscono non solo li mercanti ma li baili e ambasciatori, che non ponno aver quanto n’hanno bisogno » (Alberi, li, 17). (”) Il ritratto pubbl. da Ch. Yriarte, La vie d'un patricien de Venise au XVI* siècle, Il ed. ili., Parigi (1885), come quello del Cavalli, sembra invece, dallo stemma che contiene, essere di un patrizio della famiglia Marin. (78) La relazione letta dal Cavalli nel 1560, dopo la prima missione, è stata pubbl. dall’ALBERi, I, 271 segg. ; quella del 1567, dopo la seconda missione, da W. Andreas, op. cit. Il Matkovic ritiene che possa riferirsi al primo viaggio del Cavalli la Descrizione del viaggio per terra di Const. e delle cose principali del paese, da lui ed. nelle « Starine » dell’Accademia di Zagabria, Knijga X, 1878, p. 247 segg., operetta che è però dovuta ad un gentiluomo del seguito, forse il Gasparo Erizzo di cui Donazzolo, op. cit., p. 116 segg. Questa descrizione di viaggio è attribuita a persona del seguito del bailo Antonio Barbarigo (1556) nella copia che si conserva nell’Arch. di Stato di Venezia, Relazioni, B. 4. Un breve itinerario del secondo viaggio di andata del Cavalli, nel 1567, è contenuto nel ms. ital. 1237 della Bibl. Naz. di Parigi. (79) « Il est l’escole des affaires du monde, auxquels il a tant versé et vueillé, qu’on le tient en ceste ville pour un des premiers hommes de ceste seigneurie », disp. del vescovo d’Acqs, ambasciatore di Francia a Venezia, dell' 8 novembre 1557 (Charrière, II, 416). Sul Cavalli, cfr. la biografia nelle note genealogie del Barbaro e del Capellari, a Venezia, e A. Neumayr, Illustrazione del Prato della Valle, Padova, 1807, p. 415 seg. (80) Alberi, III, 210; H. F. Brown, Studies in thè history of Venice, II, Londra, 1907, p. 25. Per dirimere l’incidente, il senato aveva deciso di inviare alla Porta un apposito ambasciatore nella persona di Girolamo Zane, il quale si era già posto in viaggio ma non si recò in definitiva a Costantinopoli. (81) Il Prof. E. Rossi così lo descrive: «occupa il n. 3295 del cat. a stampa della su nominata biblioteca, alla quale fu donato dal Sultano Osman II. Sono 53 fogli di scrittura « nashi », con miniatura del frontespizio e margini dorati. Nella prefazione il Bailo « Marin di Cavallo » espone a Solimano, in data 1559 (967 dell’ègira), che suo nonno, Andrea Foscolo, già Bailo di Venezia ad Adrianopoli al tempo del Sultano Murad II e conoscitore della lingua turca, aveva udito Murad II parlare al figlio Mehmed (quello che conquistò poi Costantinopoli) in lode della vecchiaia. Il dialogo era stato steso da A. Foscolo in lingua europea (fireng) e il Cavalli l’aveva trovato manoscritto tra le sue carte e fatto tradurre in turco da Murad Bey, interprete del sultano, per farne omaggio a Solimano ». Murad Bey era un rinnegato ungherese. Il dialogo è un adattamento fedele del De Senectute di Cicerone (cfr. E. Rossi in « Oriente Moderno», 1927, p. 525, e F. Babinger, 136