se avessero accettato le suddette condizioni. I proprietari si rifiutarono però tanto di dichiararsi soddisfatti dell’aumento proposto quanto di assum'ere l’obbligo, per sè ed i discendenti, di mantenere in perpetuo l’affittanza nei termini indicati, dichiarando che la somma offerta era insufficiente e che essi non potevano fare per l’avvenire alcuna rinunzia, che del resto non sarebbe stata valida per i successori. Essi tennero poi a rivendicare nuovamente, in base agli usi locali, i loro diritti sul palazzo nonostante tutti i miglioramenti ed i rifacimenti fattivi dalla repubblica, dichiarandosi pronti a sottoporre la controversia a qualsiasi tribunale, secondo la legge turca o cristiana C44). L’ Emo riteneva che i Testa non si sarebbero accontentati di meno di 400 reali d’affitto all’ anno ed accennò alla convenienza per la repubblica, in tali condizioni, di procedere all’acquisto del palazzo (45). Il senato intendeva invece procrastinare ogni decisione, preoccupato specialmente dei pericoli che poteva correre la casa, se fosse stata di proprietà pubblica, ogni qualvolta fossero sorte complicazioni politiche con la Porta. I proprietari, che già si erano rifiutati più volte di riscuotere le rate consuete d’affitto, acconsentirono infine a ricevere 300 reali annui, mantenendo però integre le loro pretese di un maggiore compenso e dichiarando di non accettare tale somma che come acconto sui diritti ad essi spettanti. Alcuni anni dopo, nel 1743, essi comunicarono al bailo Giovanni Donà la loro intenzione di vendere il palazzo (al quale erano state frattanto fatte alcune riparazioni anche a cura di Simeone Contarmi (46) e di Nicolò Erizzo (47)) À % ! . •—^r % lA/~ Vy» r \ * {' 134 - Angelo Emo, provveditore generale in Dalmazia 1 713-17*5» bailo I730-I734- 275