pastore della comunità evangelica di Smirne (Merkwiirclige Reisen in die Türkey, Francoforte e Lipsia, 1771, p. 263 seg.). Il viaggiatore A. de la Motraye nota sul principio del sec. XVIII che lo zecchino valeva a Costantinopoli tre piastre (Voyages, I, Aia, 1727, p. 343 n.). Il Lüdeke ricorda invece tra l'altro che nella seconda metà del secolo lo zecchino valeva 155 parà ossia circa 4 piastre, dato che una piastra valeva 40 parà. Poiché da un documento del Diedo del 1754 si rileva d’altro canto che uno zecchino corrispondeva a reali 3 7/8, risulta che continuava ad esistere corrispondenza di valore tra piastre e reali. Anche in un documento del 1758 si parla di « piastre ossia reali » (allegato II al disp. Foscari 2 marzo 1758, n. 14, F. 208): la stessa corrispondenza è del resto indicata in altri dispacci, anche successivi. Per tutte le spese del bailaggio era però stabilito un cambio fisso di tre piastre per zecchino, ciò che costituiva un notevole beneficio per il bailo. (57) I lavori eseguiti sono descritti in un allegato al disp. 1 ottobre 1754, n. 93, che contiene anche un grosso fascicolo nel quale viene reso conto minutissimo di tutte le spese fatte ; al disp. era pure unita la veduta del palazzo, ora esposta nella Sala Margherita deU’Arch. di Stato di Venezia. I lavori principali furono i seguenti: le cucine che, come si vede nella pianta del 1746, si trovavano a sinistra dell’ ingresso del palazzo, verso la strada pubblica, vennero abbattute e trasportate in una nuova casa eretta sul terreno acquistato dal Soranzo nel 1702, ove rimasero fino a pochi anni or sono: la nuova casa conteneva anche la pasticceria, la confetteria, magazzini, e stanze da pranzo e da letto per la servitù, cosi da evitare « l’unione di gente bassa con la corte nobile » ; di fronte a tale casa fu costruita la lavanderia ; fu circondata con un muro la cisterna che era stata fatta costruire dal bailo Emo ; fu eretta a destra della facciata del palazzo una casetta, con ingresso sulla strada pubblica, per i giannizzeri, casetta che conteneva anche il « kapigì » e la prigione ; vennero abbattute varie casette poste sulla strada, accanto alle vecchie cucine; fu rifatto in muratura il recinto del bailaggio, nel quale si aprivano due grandi porte, l’una davanti all’ ingresso del palazzo e l’altra sul giardino, porte che erano limitate da pilastri, sormontati da grosse sfere di pietra del Marmara, e chiuse da cancelli di ferro dorato inviati da Venezia ; fu rifatta la facciata principale del palazzo e ritoccata quella laterale che da-va sul giardino, per renderla simmetrica con quella principale ; fu ricostruita in marmo la scala di 13 gradini che dava accesso al palazzo, come pure quella di 24 gradini che conduceva al giardino sottostante ed alle stanze inferiori occupate dai segretari, ragionato, dragomanni e giovani di lingua ; fu selciato il cortile di fronte al palazzo, come pure una striscia di terreno lungo il lato orientale di esso, verso il giardino; furono sistemate alcune stanze del palazzo e venne rimossa la scala interna che, come si vede nella pianta del 1725, occupava l’estremità della prima sala nel piano nobile, scala che fu sostituita da altra esterna che metteva in comunicazione i vari piani. Nell’erigere la casa per le cucine si rese necessario aprire due finestre in un muro retrostante che apparteneva ai Padri di Terrasanta : questi accordarono il permesso ma, con atto speciale firmato dal Diedo, si assicurarono che tali finestre sarebbero sempre rimaste sbarrate da inferriate e griglie e che questa concessione non avrebbe dato al bailaggio alcun diritto sul muro stesso: l’atto relativo è conservato nell’archivio del Padre Commissario di Pera, tra le poche carte sfuggite agli incendi. Sull’origine e svolgimento dei lavori, cfr. disp. Da Lezze e Diedo 23 ottobre 1751, n. 93, F. 203; disp. Diedo 4 febbraio 1751 (m. v.), n. 14, e 4 marzo, 1 luglio, 2 novembre 1752, n. 17,30-2° e 43, tutti nella F. 204; 3 luglio 1753, n. 61-3°, e 1 ottobre 1754, n. 93, F. 205, e le corrispondenti delib. del senato in essi citate. (58) Nel corso dei lavori egli aveva scritto: «Venuti a favorirmi nel giorno di S. Marco gl’am-basciatori e ministri forastieri con altro mondo, ogni uno hebbe il piacere di andar a vedere le fabbriche, e posso dire con ogni ingenuità che non finiva l’approvazione ». E dopo terminato il restauro: « L' Ecc.mo ossequiato successore [Antonio Donà] non cessa di dichiarare non solo per sua gentilezza, ma anche per vero spirito di verità il suo compiacimento, et alcuni venuti all’ honore di servirlo, li quali erano stati antecedentemente in Costantinopoli, confessano senza pericolo d’adulazione di non conoscere più questo luogo Bailaggio» (disp. 3 luglio 1753 e 1 ottobre 1754, già cit.). (69) Nel disegno non è rappresentata esattamente la zona acquistata dal Soranzo nel 1702; anche la posizione del collegio turco di Calata Seray è alterata nella prospettiva. Il Diedo, che era ancora vivo nel 1784, propose in quell’anno 1’ invio di una spedizione navale contro il Bey di Tunisi, spedizione che ebbe luogo sotto il comando di Angelo Emo. Egli morì in tarda età nel febbraio 1785. Una statua di lui, in veste di patrizio con berretto di bailo, esiste nel 340