ognuna delle quali mirava ad entrare in possesso del palazzo (« vaste bâtiment avec des dépendances considérables », come scriveva a Vienna l’inter-nunzio barone Herbert Rathkeal) e dei suoi archivi (6), come pure delle sedi e documenti dei consolati veneti in Levante (7): l’una basandosi sul fatto che la capitale della repubblica era stata ceduta all’Austria, l’altra special-mente sul fatto che la Francia avrebbe dovuto trattare a Costantinopoli gli affari della repubblica cisalpina, alla quale era stato annesso gran parte del territorio veneto di terraferma (8). Al riguardo doveva valere l’art. 13 del trattato di Campoformio che stabiliva: «I titoli demaniali, ed archivi dei rispettivi Paesi, cessi o cambiati col presente trattato, saranno rimessi nello spazio di tre mesi, dalla data del cambio delle ratifiche, alle potenze che ne avranno acquistato la proprietà » <9). In base a tale disposizione il governo di Vienna dava istruzioni all’internunzio di far partire al più presto il Vendramin, di occupare il palazzo con l’appoggio della Porta e di prendere possesso degli archivi, curando frattanto che questi non venissero asportati o distrutti. Più prudente l’internunzio (10), malsicuro dell’atteggiamento della Porta, che a suo avviso si sarebbe tutt’al più dichiarata neutrale nella controversia, evitando di sostenere contro la Francia le pretese austriache, preferiva attendere un’occasione opportuna per prendere apertamente possesso dell’edificio senza compromettersi, e, quanto agli archivi, riteneva di dover interpretare il trattato nel senso che i documenti conservati nel palazzo e nei consolati veneti avrebbero dovuto essere divisi fra l’Austria, la Francia e la repubblica cisalpina, secondo che si fossero riferiti a regioni che erano state attribuite ad uno di questi stati. Ma i passi da lui fatti presso l’ambasciata di Francia per addivenire alla spartizione degli archivi s’incontrarono ad un reciso rifiuto ; la rappresentanza francese (u), mantenendo le sue rivendicazioni sul palazzo e sugli archivi, accettava soltanto che per l’uno e gli altri si conservasse scrupolosamente lo statu quo, in attesa che i governi di Parigi e di Vienna si fossero accordati direttamente su tale questione (12>. L’internunzio temeva però che i francesi potessero con un colpo di mano impadronirsi del palazzo, situato com’era a pochi passi dall’ambasciata di Francia: egli cercava pertanto di assicurarsi le buone disposizioni dell’ex bailo e del personale del bailaggio, ed avendo successivamente appreso dal Vendramin che degli sconosciuti giravano di notte nelle vicinanze del bailaggio, aveva autorizzato che fossero assoldati sei schiavoni perchè vi facessero buona guardia. In base alle disposizioni del trattato di Campoformio, il Vendramin aveva scelto di rimanere a Venezia come suddito dell’imperatore ed aveva ordinato in conseguenza che fossero venduti i beni da lui posseduti nel territorio passato alla repubblica cisalpina. Ciò rassicurava l’internunzio, che difendeva l’ex bailo dai sospetti di francofilia nutriti 357