dell’ordine della SS. Trinità, professore di matematica e molto pratico di architettura, che abitava presso di lui. Con l’Orlowski collaboravano le « maestranze dell’arsenale » Iseppo e Bartolomeo Coccon : aveva accettato di fungere da cassiere dell’impresa, in assistenza al ragionato del bailaggio Tassini, il negoziante veneto Vassallo, il quale conosceva le lingue del paese e doveva cercar di sventare più che possibile gli inganni che erano da temersi da parte dei fornitori ed operai greci armeni e turchi, interessati ai lavori, che salivano ad un centinaio. Molti materiali dovettero esser condotti in barca a Tophanè e di là trasportati fino al bailaggio a schiena d’uomini o d’animali. I lavori riuscirono particolarmente importanti nel lato orientale del palazzo, verso il giardino (chiamato generalmente in quest’epoca « il cam-pazzo »), che fu rifatto dalle fondamenta, costruite questa volta « di grossi macigni e buone malte » all’uso italiano, cosicché il Memmo credeva di poter assicurare « che per il corso almeno di 200 anni non si avrà più a spendere una sola piastra ne’ restauri della nuova ala, che forma più della metà del palazzo »; ma si estesero anche ad altre parti dell’edificio ed ai suoi annessi, mirando il Memmo, come disse il suo successore, « di dar nella nuova fabbrica del Bailaggio quell’aria di grandezza che rendendolo più magnifico degl’altri palazzi onori la Rappresentanza della República ». Durante il corso di tali opere il bailo fu obbligato ad intervenire per sfatare voci che la repubblica, intesasi con l’imperatore, stesse per muovere guerra alla Porta, voci provocate da una breve sospensione dei lavori a causa della stagione invernale, e che avevano trovato facile credito nella sospettosa atmosfera della capitale. La somma autorizzata dal senato di 16150 piastre non risultò però sufficiente per tutte le opere intraprese dal Memmo ; il bailo eseguì di sua iniziativa lavori per ulteriori 3850 piastre e poi per altre 9322, delle quali somme riuscì ad ottenere in seguito il rimborso, ma nonostante la spesa di queste 29322 piastre, pari a circa 7330 zecchini, il restauro rimaneva ancora incompleto. Nel rendere conto dei lavori compiuti e di quelli ancora da eseguire il Memmo inviò al senato un gruppo di disegni del palazzo rinnovato, che fortunatamente si conservano tuttora e che pubblichiamo (figg. 149-156), indicando in rosso nelle piante (ciò che nella nostra riproduzione appare in linee più chiare) le parti che avevano formato oggetto di maggiore restauro (81). Contemporaneamente al palazzo, il bailo dovette occuparsi di rifare la strada che da Pera conduceva al bailaggio. E questa la famosa « Strada del Bailo », attualmente detta Via delle Poste, del cui antico nome può forse vedersi ancora un ricordo nella « Venedik Sokak » che prolunga la Via delle Poste al di là della Grande Via di Pera. Questa ripida stradetta, che ancor oggi costituisce un incubo per gli abitatori del palazzo, faceva parte per 302