in capo zoglie, cioè pietre preciose et nelle corone: lequai però per la maggior parte sono false » (p. 118). Una frase maligna, ripetuta da vari scrittori, è che le donne di Galata, per poter mettersi dei gioielli sul capo, ponevano spesso l’onore sotto i piedi. (49) Questa scena serve a provare la grande impressione creata dalla scoperta dell’india da parte dei portoghesi. (60) Sanuto, XXXVI, 117 segg. (61) L’ippodromo è descritto in una lettera privata dell’ ambasciatore Tommaso Mocenigo (Sanuto, LIII, 447). Un’altra descrizione si trova nell’itinerario di P. Zen del 1523 (Fulin, Diarii e diaristi veneziani, già cit., p. 122). Lo Zen descrive in questa occasione anche altre antichità di Costantinopoli. Queste narrazioni vanno pertanto aggiunte a quelle ricordate dall’ Ebersolt nel suo libretto Const. byzantine et les voyageurs du Levant, Parigi, 1919, che è molto deficiente per quanto concerne i viaggiatori italiani, antichi e moderni, vari dei quali non sono menzionati: così non è fatto cenno di Caterino Zen, che descrive pure l’ippodromo da lui visto nel 1550 (op. cit., p. 220, 229), e di Marc’Antonio Pigafetta, che fu a Costantinopoli nel 1567 e ci ha lasciato una interessantissima relazione del suo viaggio, che avremo occasione di citare in seguito. Sui viaggiatori veneziani, cfr. la già cit. opera di P. Donazzolo, sebbene anch’essa sia incompleta. Alcune menzioni di antichità bizantine sono fatte qua e là anche nei Diarii del Sanuto, per es. XXV, 273 (crollo della colonna di Teodosio). (52) Come rileviamo dalle lettere mandate dagli inviati veneti e da persone del seguito, l’ippodromo era stato per tale occasione diviso in tre parti: nella prima, verso S. Sofia, era stato lasciato un grande spazio per i giuochi ; nella seconda, verso i due obelischi che ancora decorano la piazza, erano stati eretti dei padiglioni (in gran parte tolti a principi vinti) per i personaggi più importanti e per i conviti; nella terza infine, verso l’altra estremità della piazza, erano state poste le cucine per il servizio degli invitati. Alle feste intervenne anche il sultano Solimano. Ad esso furono presentati, com’era costume, ricchi doni da parte dei pascià, di Alvise Gritti e dei tre inviati veneti, i quali erano « benissimo vestiti di veludo cremesin ». « Et perchè — scrive lo Zen — li anni me deteno el loco [era il più anziano dei tre], con quel più reverente modo che io seppi li fici quelle parole che se rizercava a questa sua tanta felicità, et fossemo gratiosamente visti et acolti ». Ai rappresentanti veneziani era stato assegnato un posto in un palazzo situato nel luogo migliore per assistere ai vari spettacoli. Ad essi furono offerti un giorno frutta e confetti : « Et presentati — scrive un veneziano del seguito — da uno chiaus ditti presenti ad cadaun de li oratori et bayli, quali erano sentati apresso le fenestre, il magnifico missier Thomà Mocenigo, vedendo tanta turba in piaza che aspetavan le vivande che ogni giorno se butavan a sacho, deliberò torse un poco de piazer et comenzò ad gittar tutto il confetto per il balcone, che era bella cossa ad veder. Et il medesimo fece il magnifico missier Piero Zen » (Sanuto, LIII, 441, 443 segg. ; cfr. anche Hammer, V, 139 seg.). Sulla stessa piazza avevano avuto luogo nel 1524 grandi feste per le nozze del gran visir Ibrahim con la sorella del sultano: ad esse aveva assistito il bailo Pietro Bragadin (Sanuto, XXXVI, 446, 505 segg.; Hammer, V, 52, segg.). Una festa sull’ippodromo è rappresentata nella miniatura turca pubbl, da S. Casson nel Prelimìnary report upon thè excavalions carried out in thè hippodrome of Const. in 1927 on behalf of thè British Academy, Londra, 1928, fig. 6. (53) Sanuto, LUI, 441, 470, 530, 531, 536; LIV, 116 seg. (M) Gli inviati veneti portavano al loro arrivo, come di prammatica, dei doni per il sultano e per i principali personaggi della corte. L’elenco dei doni offerti dagli ambasciatori Bartolomeo Contarini ed Alvise Mocenigo a numerosissime persone nel 1517 è ampiamente riportato dal Sanuto (XXV, 626 segg.). Tali doni consistevano specialmente, per ciò che concerneva i rappresentanti veneti, in tessuti di varie qualità e colori (panni d’oro, d’argento, di seta, di velluto, di raso, di damasco), pani di zucchero, candele di cera, e molti altri oggetti che erano tutti assai ricercati ed apprezzati. L’ambasciatore Marco Minio portò ad Ibrahim pascià nel 1527 delle gioie, un bellissimo bacile d’argento, uno specchio ed altri doni per il valore di ottocento ducati. Allo stesso Ibrahim fu offerta tra l’altro nel 1533 una cassetta di formaggi piacentini che si riteneva gli sarebbe stata più gradita di una veste d’oro, come pure uno scrigno munito di uno speciale meccanismo, che era stato fabbricato in Germania. Tra i doni portati dallo Zen nel 1531 vi era un magnifico «alicorno», «di longeza di tre piedi, grosso come un brazo d’homo et più, di color bianco, che liavea le sue volte come in retorto ». 74