dando la preferenza alla repubblica per l’acquisto. Il senato incaricò il Donà di cercare di guadagnar tempo, ma i Testa insistettero nel loro proposito di vendita giungendo nel 1744 a prendere disposizioni per eseguirla, sotto forma d’incanto, pur informando di ciò il bailo. Il senato offrì infine un ulteriore aumento di 50 piastre annue, dando in pari tempo istruzioni al Donà, se tale proposta non fosse stata accolta dai proprietari, — come infatti avvenne, — di persuadere costoro ad attendere l’arrivo del nuovo bailo Venier, il quale avrebbe avuto facoltà di trattare la questione (48). La proprietà del palazzo era allora suddivisa tra le famiglie Testa e Pisani, legate da relazioni di parentela per il matrimonio di Maria Testa, nipote del Gaspare Testa che abbiamo già avuto occasione di menzionare, con Antonio Pisani, dragomanno dell’ambasciata d’Inghilterra : quest’ultimo aveva anche acquistato la quota di proprietà spettante a Giacomo Testa, uno dei fratelli di Gaspare <49). Ognuna di queste famiglie chiedeva 7500 reali (detti anche piastre nei documenti) per la sua parte di proprietà. Il senato aveva stabilito di sentire l’avviso dei « baili ritornati » e del nuovo bailo che doveva recarsi a Costantinopoli, Francesco Venier, i quali, pur suggerendo di cercare anzitutto di tacitare i proprietari coll’aumento di 50 piastre sull’affitto annuo, si erano mostrati favorevoli in definitiva all’acquisto del palazzo, per il decoro della repubblica e la sicurezza dell’abitazione dei suoi rappresentanti a Costantinopoli, facendo tuttavia presente che si dovessero prendere le opportune precauzioni per garantire la proprietà della casa in qualsiasi futura evenienza, che si riducesse il prezzo richiesto, considerato troppo elevato dati i miglioramenti apportati a spese pubbliche al palazzo, e che si ottenesse di eseguire il pagamento in più rate i50). Toccò al nuovo bailo Venier, dopo ottenuta l’autorizzazione del senato (51), di procedere infine all’acquisto che ebbe luogo, con atto passato davanti all’autorità turca di Tophanè, il 24 settembre 1746, per il prezzo di 13500 reali, equivalenti, al cambio d’allora che era di reali 3 7/8 per zecchino, a zecchini 3483 7/8. Per tutelare la proprietà in eventuali complicazioni tra la repubblica e la Porta, il contratto venne intestato al nome di una terza persona, come già era avvenuto per la zona acquistata dal Soranzo nel 1702, che fu in questo caso Carlo Fornetti, allora dragomanno di Francia, appartenente ad antica famiglia di Pera di origine italiana : a mezzo di una contemporanea dichiarazione registrata nella segreteria del bailaggio e nella cancelleria dell’ambasciata di Francia, il Fornetti riconosceva però solennemente che l’acquisto era avvenuto con somme fornite dalla repubblica, alla quale pertanto spettava interamente la proprietà del fondo e dell’edificio (v. Appendice, doc. n. 6) (52). 277